45° SEDUTA
MERCOLEDI' 25 NOVEMBRE 1998
Presidenza del Presidente PELLEGRINO
La seduta ha inizio alle ore 20,15
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.
Invito la senatrice Bonfietti a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
BONFIETTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 13 novembre 1998.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
È approvato
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Comunico che il dottor Salvi, l'ammiraglio Battelli ed il generale Arpino hanno provveduto a restituire, debitamente sottoscritti ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento interno, i resoconti stenografici delle loro audizioni, svoltesi rispettivamente il 22 settembre, il 4 ed il 13 novembre 1998, dopo avervi apportato correzioni di carattere meramente formale.
Informo inoltre che in data 20 novembre 1998 il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione il deputato Bonaventura Lamacchia in sostituzione del deputato Marianna Li Calzi, entrato a far parte del Governo.
Esprimo il benvenuto al collega Lamacchia il quale potrà constatare la scarsa partecipazione ai lavori di questa Commissione. Nell'introdurre l'audizione del prefetto Stelo cercherò di spiegarne il perché.
SU UN ATTO DI SINDACATO ISPETTIVO DI UN COMPONENTE LA COMMISSIONE
MANCA. Signor Presidente le chiedo la parola per riprendere un argomento di cui c'è traccia nel verbale testé letto. Mi dispiace il fatto che, proprio nel giorno in cui si dà lettura di tale verbale, io sia costretto a ripetere un discorso già fatto. Come lei sa, si è verificato un episodio analogo a quello che ha visto come protagonista il senatore De Luca. Infatti, un senatore e una senatrice, a seguito dell'audizione del Capo di stato Maggiore dell'Aeronautica, hanno ritenuto opportuno presentare una interrogazione al Ministro della difesa per conoscere la verità sul Mig libico caduto sull'altopiano della Sila nel 1980. Devo rilevare che, ancora una volta, la vicenda di Ustica viene trattata in sede diversa da quella istituzionale. Sarei portato, quindi, a definire l'atto compiuto da questi parlamentari, cioè l'interrogazione, una iniziativa estemporanea che svilisce il lavoro della Commissione stragi e altera la dialettica interna ai propri lavori oltre che il vincolo di lealtà che dovrebbe legare i suoi componenti. Rilevo che il contenuto dell'interrogazione non riproduce, a mio avviso, in maniera corretta il senso e la portata delle dichiarazioni rilasciate, devo sottolineare, in spirito di piena collaborazione dal generale Arpino, come del resto ha riconosciuto pubblicamente lo stesso presidente Pellegrino.
Pertanto, in definitiva, si tratta di una ennesima forzatura operata con lo scopo di rintracciare ad ogni costo dei colpevoli.
Richiedo quindi di verificare la possibilità di trovare un sistema perché tutto rimanga nell'ambito della Commissione. Infatti, procedendo in questo modo, alla fine destabilizziamo e delegittimiamo noi stessi.
Signor Presidente, lei conosce il problema e mi rivolgo a lei affinché si esprima una sua posizione.
PRESIDENTE. Il Presidente della Commissione non ha un potere di censura verso i membri della Commissione, né tanto meno sui parlamentari che della Commissione non fanno parte. L'interrogazione è stata presentata da un senatore che non è membro della Commissione e da una senatrice che ne fa parte; ma il fatto di essere membro di una Commissione di inchiesta non costituisce un minus rispetto ai normali diritti e alle normali facoltà di un parlamentare. Quindi, non posso ritenere leso il potere di cui sono investito né le competenze della Commissione dal fatto che un suo singolo componente, sulla base di informazioni di cui è venuto a conoscenza dalla Commissione, compia un atto di sindacato ispettivo parlamentare.
In ordine all'episodio precedente riferito nel verbale della scorsa seduta, ho espresso un rilievo al senatore De Luca, al quale avevo detto che bisognava fare attenzione a ciò che il singolo membro dichiara affinché non ne sia coinvolta l'intera Commissione. Tale pericolo è escluso dal fatto che è stata presentata una interrogazione; si tratta quindi di un atto di sindacato ispettivo parlamentare chiaramente individuale che impegna soltanto i parlamentari che l'hanno presentato. Con ciò non voglio eludere questioni di sostanza. Personalmente penso che il Governo non abbia possibilità di riferire altro rispetto a quello che già sappiamo sulla data della caduta del Mig libico e ritengo anche che nemmeno l'Aeronautica, intesa come istituzione, abbia tale possibilità. Infatti certamente in base agli atti, ai documenti di cui si è in possesso ed alla memoria affidata agli archivi non ritengo che sulla caduta del Mig libico ci sia niente di più di quello che è già emerso: tuttavia ciò non è poco. Il problema nasce da una informativa del Sismi che, come lei ricorderà, ha dichiarato che la data della caduta del Mig libico non è il 18 ma il 14 luglio.
Vorrei che la Commissione mi autorizzasse a scrivere una lettera al Governo. Infatti, c'è un passo che il Governo potrebbe compiere su questa vicenda e che potrebbe permettere di fare chiarezza in modo definitivo. Come voi ricorderete, nella requisitoria dei pubblici ministeri viene riportata una risposta definita abbastanza deludente ad una rogatoria che il dottor Priore aveva fatto per conoscere la data in cui gli operatori della CIA in Italia vennero in contatto con i vertici dell'Aeronautica e visitarono il luogo dove il Mig era caduto, Castelsilano. È importante che noi riceviamo dagli Stati Uniti una documentazione circa la data di quella missione; in questo modo il problema sarebbe risolto. Infatti, se la data fosse anteriore al 18 luglio verrebbe confermata una serie di ricostruzioni. Rimarrebbe comunque il problema di capire quando è caduto il Mig. Se invece gli Stati Uniti sostenessero che la missione è avvenuta il 19 luglio potremmo metterci una pietra sopra. Resterebbe il fatto della superficialità con cui furono compiuti gli accertamenti sul Mig.
Quindi, sarei dell'avviso, se la Commissione è d'accordo, di scrivere a nome della stessa Commissione una lettera al Presidente del Consiglio con cui si raccomanda al Governo di sollecitare agli Stati Uniti una risposta più piena alla rogatoria fatta dal giudice Priore.
MANCA. Signor Presidente, vorrei chiarire il mio discorso. In definitiva con l'ultima parte del suo intervento lei, a mio avviso, ha interpretato proprio l'essenza delle mie parole. Io non escludo, anzi incoraggio qualsiasi strada che permetta un chiarimento o elimini i dubbi. Il problema è che lo si faccia all'interno della Commissione perché si sono già verificati altri episodi di espropriazione dei suoi poteri.
Ripeto che in questo modo rischiamo di permettere la delegittimazione di noi stessi. Che poi si debba avanzare richieste o magari altro ancora è un altro discorso sul quale esprimo il mio assenso.
PRESIDENTE. Per accertare questo c'è la Commissione...
È nel diritto di un parlamentare formulare interrogazioni né posso ritenere che non sia corretto.
Vorrei comunque conoscere l'orientamento della Commissione in ordine alla mia proposta di scrivere al Presidente del Consiglio sollecitando l'importanza di una più piena risposta statunitense alla rogatoria. Interpreto il silenzio dei membri della Commissione come un assenso.
La Commissione concorda.
INCHIESTA SULE VICENDE CONNESSE AL DISASTRO AEREO DI USTICA: audizione del Direttore del SISDe, prefetto Vittorio Stelo
(Viene introdotto il prefetto Vittorio STELO, accompagnato dal dottor Mario Fasano e dal dottor Marco Valentini)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'inchiesta sulle vicende connesse al disastro aereo di Ustica, l'audizione del direttore del SISDe, prefetto Vittorio Stelo.
Ringrazio innanzitutto il prefetto per la sua disponibilità e i suoi collaboratori, il dottor Fasano e il dottor Valentini, ai quali do il benvenuto.
Ho conosciuto personalmente il prefetto Stelo quando ha operato nella mia provincia. Anche se il mio parere conta poco, conta comunque molto il parere complessivo della città e della provincia. Il prefetto Stelo lasciò nella provincia un ottimo ricordo per il buon lavoro che compì nel periodo di circa due anni.
Ora, signor prefetto, la ringrazio della sua disponibilità ad essere audito.
Innanzitutto, vorrei informarla che la nostra è una Commissione che ha una sua particolarità: sempre più, con il passare degli anni, è diventata una Commissione che indaga su vicende che non attengono affatto all'attualità politica né a quella istituzionale. I fatti su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione e che fanno parte dei plurimi oggetti di inchiesta che per legge ci sono stati attribuiti vanno grosso modo dalla strage di piazza Fontana alla strage di Natale del 904. Quindi, le vicende più vicine di cui ci occupiamo si situano ormai a 15 anni di distanza da oggi.
Questo rende molto utili ed interessanti le audizioni, che abbiamo svolto in particolare in questa legislatura, di persone che ebbero all'epoca dei fatti responsabilità politiche o istituzionali, o comunque furono protagonisti di quella stagione. Crea invece qualche imbarazzo quando ci confrontiamo con i vertici attuali delle istituzioni, dai prefetti ai Ministri, perché ovviamente spesso ci sentiamo rispondere che su quello che oggi chiediamo non possono darci risposta, poiché all'epoca dei fatti facevano altro ed essendo oggi impegnati nella vita attuale delle istituzioni (del Ministero, di un servizio, di apparati di forza e di sicurezza) possono dirci ben poco rispetto ai fatti del passato.
Ciò è indubbiamente giusto per ciò che riguarda la memoria e l'esperienza individuale dei singoli protagonisti istituzionali, ma a mio avviso trova un limite nella mia convinzione che un'istituzione debba avere anche una memoria istituzionale. Perciò, voglio dirle subito che non avrei niente in contrario a ritenere anche questa sua audizione in qualche modo interlocutoria. Io stesso le formulerò una serie di domande, ma se ritiene che oggi non può fornirci una risposta e vuole riservarsi di risponderci successivamente, con un'altra audizione oppure inviandoci una relazione, personalmente non ho niente in contrario e penso nemmeno i membri della Commissione, di cui ritengo di interpretare il punto di vista se dico che forse questa potrebbe essere una modalità operativa più utile.
L'Ufficio di Presidenza della nostra Commissione in questa legislatura ha effettuato una valutazione d'insieme: riteniamo che la nostra conoscenza di fatti che vanno dal 1969 al 1974 sia già sufficiente per consentirci di presentare al Parlamento una relazione, sia pure non definitiva, sulla quale stiamo lavorando.
Pertanto, la nostra ulteriore attività indagativa si è accentrata su due momenti ulteriori tra gli oggetti della nostra inchiesta. Uno di questi è il caso Moro, e quindi anche il difficile problema dell'intensità del contrasto che l'eversione, il terrorismo di sinistra ebbe dallo Stato in quegli anni e che secondo la nostra analisi sembra essere stato non sufficiente. Perciò, cerchiamo di far luce anche su questa zona grigia del «rapporto» che può esserci stato fra apparati istituzionali e uomini della sovversione.
Infatti, l'interrogativo cui cerchiamo di dare risposta è il motivo per cui Moro non fu salvato. Anche al di là della polemica fra atteggiamento di fermezza e atteggiamento di trattativa, limitando il discorso alla sola scelta della fermezza, ci si chiede perché, una volta fatta questa scelta, intesa come fatto storico (fermo restando che poi la Commissione nella sua dialettica potrà dare una valutazione sull'opportunità politica di quella scelta), il tentativo di individuare la prigione di Moro e quello di liberarlo non riuscirono o addirittura non furono nemmeno messi in atto.
Gli altri aspetti che forse ancora di più a mio avviso avrebbero bisogno di essere illuminati sono quelli relativi alla tragica estate del 1980, segnata dal disastro di Ustica (anche se in questo caso c'è un giudicato che in parte ha accertato alcune responsabilità: discutibile come ogni giudicato, però c'è), e la vicenda della strage di Bologna. È su questo che le rivolgerò alcune domande nell'intelligenza delle premesse che ho fatto.
La prima domanda è la seguente. Qual era lo stato del Sisde durante il sequestro Moro? Ad una prima approssimazione, infatti, si può dire che si trattava di un Servizio appena costituito. Quindi, le sue difficoltà operative, le sue inerzie, la sua scarsa operatività possono dipendere dal fatto che si trattava di una struttura nuova che non si era ancora attivata. Però è anche vero che il Servizio ereditava uomini che non nascevano quel giorno, non diventavano operativi in quel giorno, ma avevano alle spalle un'esperienza nell'apparato di sicurezza dell'Amministrazione dell'interno; in particolare, erano persone che avevano fatto parte dell'ispettorato antiterrorismo (poi Servizio di sicurezza) diretto da Emilio Santillo. Potrebbe confermarci questo fatto?
In particolare, il Servizio ereditò una rete di confidenti, di cui sicuramente la struttura di Santillo era munita e si serviva. Quale può essere, allora, la giustificazione di questa complessiva inefficienza, che ovviamente non è soltanto dei Servizi? Nella vicenda Moro, infatti, è l'insieme degli apparati di sicurezza che registra un clamoroso insuccesso. C'era anche il Servizio militare, che non nasceva quel giorno e che aveva ereditato tutto l'apparato del Sid, uomini e mezzi anche notevoli. Come mai con tutto questo apparato si consentì alle Brigate rosse con tanta facilità di organizzare la colonna romana?
Da un po' di tempo abbiamo la possibilità di accedere agli archivi del Viminale e da alcuni documenti, che abbiamo esaminato nei giorni scorsi, emerge che la figura di Lanfranco Pace, insieme a quella di una serie di persone che provenivano da Potere operaio - che poi costituiscono in realtà la colonna romana delle Brigate rosse -, era pienamente monitorata: si sapeva chi era, da dove veniva, che cosa stava facendo, qual era il suo giro di amicizie.
FRAGALA'. Anche Morucci.
PRESIDENTE. Certo, anche Morucci veniva da Potere operaio. Però Morucci era addirittura latitante in quel periodo.
Eppure una persona come Pace può incontrare liberamente più volte a Roma Faranda e Morucci, cioè due latitanti, e nessuno lo segue, non parte l'informazione. Pertanto, le chiedo se può dirci qualcosa su questo argomento.
Un altro problema riguarda le inquietanti figure di due dei pochi brigatisti - uso un'espressione poco parlamentare - che l'hanno fatta franca, cioè Casimirri e Lojacono: quest'ultimo è approdato a sicurezze svizzere, mentre l'altro, più avventurosamente, è approdato a sicurezze sudamericane. Allora, le chiedo se risponde a verità la notizia che nel 1993 due agenti del Sisde, Mario Fabbri e Carlo Parolisi, abbiano contattato Casimirri nel Nicaragua.
Inoltre, se ciò è vero (a questa domanda eventualmente potrà rispondermi in seduta segreta), quali informazioni hanno ricevuto da Casimirri, quali furono l'utilità e gli scopi di quel contatto? Un giornalista molto esperto di questioni sudamericane, Maurizio Chierici, scrisse su «Il Corriere della Sera»: «Il Casimirri espatriò a Parigi dopo il sequestro Moro: venne arrestato dalla Sureté ma, con l'aiuto dei Servizi segreti italiani, poté raggiungere Managua con un falso passaporto a nome di Guido Di Giambattista». Lei cosa può dirci a questo proposito? È vero, non è vero, c'è traccia nelle carte del Servizio di questo aiuto dato a Casimirri per espatriare? E ancora le chiedo il nome di Mario Fabbri, uno dei due agenti che avrebbero incontrato Casimirri nel 1993 in Nicaragua, ci riporta ad un'altra vicenda che in qualche modo si collega all'omicidio dell'onorevole Moro, l'omicidio Pecorelli. Dalla requisitoria del giudice Cardella risulta accertato, malgrado negazioni che portarono anche a provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti del Fabbri, che lo stesso Fabbri avrebbe incontrato in carcere Danilo Abbruciati, se non sbaglio all'immediata vigilia della sua liberazione e quindi a pochi giorni - penso a 48 ore di distanza - dall'attentato che Abbruciati fece a Rosone del Banco Ambrosiano, nel quale lo stesso Abbruciati perse la vita. Non le nascondo che ho studiato quelle carte sulla morte di Abbruciati e sembra quasi che egli sia stato chiamato in una trappola nella quale perse la vita.
Se può darmi risposta a queste domande, per le altre poi passerei in seduta segreta. Comunque, se lei ritiene, possiamo passare in seduta segreta in qualsiasi momento.
STELO. Per quanto riguarda la vicenda Moro, il mio intervento sarà purtroppo interlocutorio perché su alcune domande che lei ha fatto le confesso che, pur avendo letto quello che hanno preparato i miei collaboratori, una massa di carte, dovrò riservarmi di rispondere, per iscritto o oralmente, come lei riterrà.
Lei ha già anticipato che il SISDe è nato con legge del 1977 e quindi ha cominciato ad operare nei primi mesi del 1978 ereditando personale di svariata origine: polizia, carabinieri, finanza, SID. Pertanto sono stati portati i criteri, i metodi, le procedure dei vari enti di provenienza. Tenga presente che all'inizio la sede non era neanche quella attuale, ma erano occupate poche stanze del Ministero. Anche logisticamente ci sono stati problemi, tant'è che il primo direttore del Servizio, Grassini, se ben ricordo, appena pochi mesi dopo l'entrata in funzione ebbe a riferire proprio delle carenze logistiche, di mezzi, di personale e di struttura. Il SISDe, tra l'altro, poteva essere considerato l'erede dell'Ufficio Affari Riservati, ma era nuovo nel panorama dei Servizi italiani. I problemi logistici pertanto possono aver portato, soprattutto all'inizio, ad approssimazione: ognuno portava le esperienze che aveva e quindi ci può non essere stata omogeneità e uniformità sia nella tenuta delle carte sia proprio nella impostazione dell'intelligence.
Anche per quanto riguarda Pace, Morucci e Potere operaio mi riservo di farle avere gli elementi che lei ha chiesto, cosí come quelli riguardanti l'Ispettorato antiterrorismo, ossia la domanda che mi ha fatto sulla struttura che il SISDe avrebbe ereditato dall'Ispettorato antiterrorismo.
Per quanto riguarda l'episodio di Casimirri, non è escluso - ma debbo verificarlo - che persone delle più svariate origini abbiano portato la loro esperienza. Lei ha parlato di confidenti: non è escluso che qualcuno abbia portato le proprie fonti, i propri informatori. Però lo devo verificare. Per quanto concerne Lojacono mi riservo di rispondere in seguito.
PRESIDENTE. Soprattutto vorrei che lei ci facesse avere notizie sulla famiglia di Lojacono. Avrei un certo interesse a capire alcuni aspetti.
STELO. Per quanto riguarda Casimirri, invece, ricordo che Fabbri e Parolisi (per rispondere al suo quesito, Presidente, preciso che Fabbri non è più nel Servizio, Parolisi c'è ancora) si recarono in Nicaragua su autorizzazione del direttore dell'epoca e, se ben ricordo, sentito anche il pubblico ministero Ionta che conduceva le indagini, il quale sostenne che, non essendoci trattato di estradizione, non sarebbe stato illegale l'incontro con il Casimirri, soprattutto se finalizzato ad accertare elementi di conoscenza del fatto Moro. Le indicazioni che trassero da questo incontro - ricordo di averlo letto - furono comunque riferite al Ministero dell'interno, al Dipartimento della pubblica sicurezza e al CESIS; inoltre vennero acquisite anche dal magistrato. Tali indicazioni concernevano la dinamica del fatto Moro e l'individuazione di alcuni terroristi, Maccari ed Etro.
PRESIDENTE. Dare cioè nome alle sigle di cui Morucci si era avvalso inizialmente.
STELO. Anche in questo caso sui dettagli mi devo riservare di rispondere.
PRESIDENTE. E sull'espatrio?
STELO. Sull'aiuto dei Servizi mi riservo di farle sapere perché non le so rispondere. Devo rispondere su Pecorelli, Fabbri, Abbruciati e anche su questo. So che Fabbri è stato sentito, ha avuto una condanna in primo grado, se ben ricordo. Per quanto riguarda Pecorelli, una delle prime vicende all'attenzione della magistratura due anni fa (all'atto di assumere l'incarico) riguardava proprio il caso Pecorelli, però le dico sinceramente che mi devo riservare di rispondere nei particolari.
I lavori proseguono in seduta segreta alle ore 20,42.
...Omissis...
I lavori riprendono in seduta pubblica dalle ore 20,44.
PRESIDENTE. Sul caso Moro avrei chiuso. Probabilmente altri colleghi faranno qualche domanda. Su Ustica, invece, lei può dirci niente? La vicenda è notissima ed è una di quelle che non perde mai di attualità, a differenza di altre. È un nervo ancora più scoperto di altri. Queste impressioni, che i pubblici ministeri hanno avuto, di Servizi che si attivano a bassa intensità sulla vicenda di Ustica, secondo me non può essere giustificata dal fatto che si diceva che fosse stato «un fatto aeronautico» e che lì per lì fu visto addirittura come un cedimento strutturale. I Servizi cosa potevano saperne? Per qualsiasi persona che apparteneva al ceto acculturato del paese i «boatos» su Ustica partirono con immediatezza: penso che non ci sia stato nessuno di noi (anche chi allora faceva l'avvocato a Lecce, come me, ad esempio, ha avuto l'occasione di essere avvicinato da persone che lo prendevano sotto braccio e che gli dicevano: «Guarda, è certo, lo hanno buttato giù Gheddafi, la Libia, i francesi, gli americani»)....
Giravano una serie di versioni sulla verità di quanto era accaduto quella notte nel cielo di Ustica. Com'è che di tutto questo gli archivi dei Servizi contengono così poca traccia e quando poi invece (non riguarda il servizio civile, ma militare) viene casualmente sequestrato l'archivio Cogliandro, la messe delle informazioni diventa di scarsissima qualità, ma copiosa?
STELO. Penso che ripeterò qualcosa che lei ha già scartato. Il vuoto informativo è un fatto oggettivo e non può essere contestato. Direi che è difficile anzitutto ricostruire a distanza di tanti anni una carenza documentale, soprattutto per chi non ha le carte, perché non se le trova non può dire cose che non ci sono. L'unica cosa che uno può fare con la propria esperienza è di cercare di dare una lettura degli eventi, ma con criteri attuali. Altre considerazioni non posso fare. Le cause di questa affermata inerzia possono essere di due tipi: funzionali, relative all'intelligence e/o cause organizzatorie. Indubbiamente il servizio - ripeto - si era portato appresso esperienze diversificate, il che, secondo me, nel tempo (questo vale anche per dopo), ha stratificato modi di operare, di procedere, di selezionare informazioni ed anche di dare input sull'intelligence. Rifacciamoci, dunque, al contesto storico di allora. Si trattava di un servizio che aveva circa due anni di esistenza ed era impegnato soprattutto (questa è una lettura che va condivisa) sul tema del terrorismo, perché il patrimonio documentale - invece - sul terrorismo c'è (quindi non c'è il vuoto di altri settori che possa far pensare che su tutto ci sia il vuoto), e in un periodo che, se ben ricordo, aveva registrato anche altri fatti terroristici; ne cito due: Tobagi e Bachelet, ma quegli anni sono stati interessati da più di un episodio terroristico. La mia lettura può essere la seguente; che, nella scala delle priorità dell'intelligence, quel fatto non è stato recepito come prioritario. Lei ha affermato che non si può dire che era un cedimento strutturale; ma invece lo si può dire, perché tutto è ipotizzabile in astratto, fino a prova contraria.
PRESIDENTE. Adesso le perizie hanno escluso il cedimento strutturale.
STELO. Adesso, per l'appunto.
PRESIDENTE. Certo. Allora no. Se lei vuole dire questo, gliene do atto.
STELO. Rapportiamoci a quel momento. Soprattutto a distanza di vent'anni devo verificare cosa c'è - e non c'è nulla, fra l'altro, perché c'è il vuoto -, ma devo cercare di dare una ricostruzione logica a quel vuoto. Il cedimento strutturale può essere stato un motivo; tant'è che, se ben ricordo, il presidente dell'Itavia, Davanzali, che poi disse che poteva non essersi trattato di cedimento strutturale, ma di altro, ricevette un avviso di garanzia, che allora si chiamava comunicazione giudiziaria, per diffusione di notizie false. Questo può essere un motivo, ma può esserlo stato anche il fatto che tra gli scenari che si evocavano, ce n'erano di internazionali e militari. Da quello che ho letto di Ustica, se ne sono interessati in tanti ed anche lo stesso SISMI, per competenza, era impegnato in questo: se ben ricordo c'era il SIOS, l'Aeronautica militare, c'erano inchieste amministrative e giudiziarie. Anche questo può essere stato un elemento, nel dare l'input d'intelligence, che può aver fatto ritenere non prioritario l'interessarsi alla questione di Ustica e di leggerla solo attraverso la rassegna stampa. D'altra parte, mi sembra di aver letto nell'audizione di Malpica che un parlamentare ha ricordato che in una precedente audizione di Grassini si fosse parlato, per l'appunto, del come mai non ci si fosse interessati e che lui (Grassini) abbia manifestato proprio l'elemento del cedimento strutturale che qualcuno poi - il presidente dell'Itavia - ha detto avere altra origine; dopo questa notizia addirittura lui (Grassini) ha quasi impresso un ritmo minore. Agli atti abbiamo un appunto del 1981. Il SISDe allora aveva un consulente che si chiamava Jenkins, che era della Rand Corporation della California (di Santa Monica mi pare), che era in contatto con un altro nostro consulente, Ferracuti. Il ministro Formica ebbe a dire che la causa di tutto poteva essere stata un missile. Su questo, se ben ricordo, Jenkins scrisse a Ferracuti chiedendo se era vero o no e come stavano le cose. Il dirigente della divisione di allora, Crotti, ora in pensione, ebbe a predisporre un appunto al direttore di allora, Grassini, nel quale si diceva: io risponderei a Ferracuti e quindi a Jenkins in questo modo: ci sono varie ipotesi, sono all'esame della magistratura, non abbiamo elementi su queste ipotesi e c'è una frase che dice "su direttive verbali date dal direttore, il SISDe si è occupato della vicenda Ustica ed anche del MIG libico, esclusivamente attraverso la rassegna stampa". Particolare che poi mi pare che abbia confermato questo per indiretta relazione. Questo particolare, questo documento è stato elencato poi dal prefetto Marino (il mio predecessore) all'allora ministro Maroni, quando egli, alla fine del 1994 - inizi del 1995, ebbe a chiedere un resoconto sintetico su tutta la vicenda da dare poi al giudice istruttore Priore, tant'è che questo elenco, se ben ricordo, è stato pure citato in una nota della requisitoria dei pubblici ministeri.
PRESIDENTE. Ho quasi finito, però vorrei farle questa osservazione. Le ho dato atto prima...
STELO. Quindi, probabilmente, c'è stato anche del congiunturalismo.
PRESIDENTE. Vorrei che provasse a riflettere insieme a me su quello che sto per dire. Le ho dato atto prima della stima personale che nutro per lei ed anche della sua intelligenza. Mi sono fatto un'idea su come funzionano i Servizi: essi non fanno indagini, ma raccolgono informazioni ed hanno fonti informative sparse su tutto il territorio nazionale. Quando un caso diventa di interesse in qualche modo le fonti vengono forzate, sollecitate ad assumere informazioni.
STELO. Vengono attivate.
PRESIDENTE. Ma anche in difetto di attivazione le fonti continuano a funzionare. Poi scoppia lo scandalo, che in effetti scoppiò, per cui non c'erano fonti retribuite che davano in media un'informativa all'anno. Premetto che Ustica era un fatto di cui tutta l'Italia parlava: cioè, mentre c'era la verità ufficiale del cedimento strutturale, in tutti gli ambienti circolavano varie ricostruzioni, tutte più o meno collegate ad uno scenario di guerra, e l'una diversa dall'altra, molte assolutamente improbabili. Come mai materiale informativo di questo tipo non perviene al Servizio? Sembra quasi che ci sia stata una scelta di tipo opposto: di Ustica è meglio che non ci dicano niente, perché c'è qualcosa che non vogliamo sapere. L'impressione che ne ricavo è questa. Il fatto strano è proprio stato che ci si limiti ad una raccolta delle rassegne stampa, che nessuna fonte informativa dica che in ambienti vicini al Ministero tal dei tali si parla della presenza di Gheddafi su un aereo quella sera o del trasporto di uranio, tutte quelle narrazioni del fatto di cui quasi tutti - i colleghi, anche coloro che all'epoca non erano parlamentari, potranno confermarlo - venivano a conoscenza.
STELO. I Servizi, infatti, si occupano soprattutto delle dinamiche prima che dei fatti, perché indubbiamente il loro compito è di esaminare, di fare analisi per il futuro, ricerca informativa, individuare scenari istituzionali di risposta per evitare i fatti futuri. Quindi cercano di dare una risposta a un input.
Come ho detto, il vuoto c'era ed ho tentato di spiegare quali potevano esserne le cause, a cominciare da direttive verbali che possono aver limitato l'attenzione del Servizio esclusivamente alla rassegna stampa; ma non ho prove di questo. L'attivazione delle fonti c'è stata il giorno dopo a seguito della telefonata che indicava la presenza di Affatigato sull'aereo e si è lavorato su quel filone. Poco più di un anno dopo, quando alcuni periti dissero che si trattava di un'esplosione, i centri vennero attivati affinché a loro volta attivassero nuovamente le fonti. Si disse di prendere contatti addirittura con la magistratura per dare o avere elementi di valutazione, ma agli atti non risultano ritorni di questa iniziativa.
D'altra parte, allora la gestione delle fonti non era quella attuale. Ecco perché dicevo che anche l'analisi e la ricerca informativa hanno subito nel tempo i «vizi di origine» propri delle persone che arrivavano nei Servizi e delle esperienze che portavano, della loro professionalità. Tant'è che nel tempo le istruzioni e le disposizioni sulla ricerca delle informative e sulla tenuta delle carte si sono andate sempre più perfezionando. Allora per esempio alcune fonti, quelle degli informatori e quelle occasionali, non erano accentrate come ora: attualmente io guardo tutte le fonti ed è cambiato il modello, per cui se più uffici sono interessati alla gestione di una fonte, facciamo un esame congiunto e diamo una risposta unica al magistrato, al Comitato parlamentare di controllo o a voi. Allora invece poteva capitare - come è accaduto - che le risposte si contraddicessero tra loro perché rispondeva prima un ufficio e poi un altro.
Indubbiamente c'è stata o può esserci stata anche questa approssimazione nella gestione delle carte e degli input di intelligence, che non sono partiti anche per «rimozioni», come lei le ha chiamate, di natura psicologica: posso pensare si sia verificato che più la magistratura si interessava di un fatto, più i Servizi tendevano a non occuparsene per evitare di essere oggetto di dietrologie o di essere accusati di depistaggi, cosa che non direi non potesse accadere allora. Ma anche adesso anch'io mi astengo dal fare alcune cose per evitare che la mia iniziativa possa essere male interpretata...
PRESIDENTE. Dall'autorità giudiziaria.
STELO. E' una chiave di lettura che può soddisfare o meno, che può apparire più o meno condivisibile. Non faccio il magistrato e non posso dire se è esatta o meno. Certo, con gli attuali criteri, mi comporterei diversamente. Il fatto è stato talmente eclatante e poteva costituire l'input per una forma di intelligence diversa, ma la ricostruzione che ho fatto, sia essa più o meno concreta o più o meno opinabile, è la chiave di lettura che oggi, con quel po' di esperienza che ho maturato in questi due anni, posso offrire. Al limite posso controllare ulteriormente, mettere per iscritto le risposte alle domande che la Commissione pone e aprirvi i miei archivi.
PRESIDENTE. Le indicazioni che personalmente riterrei utili penso di avergliele già date.
STELO. C'è stato un periodo, anche recente, nel quale molte carte dei centri non affluivano nell'ufficio centrale. Da un anno ho introdotto la posta elettronica perché così si ha la certezza di chi tocca le carte, l'ora e il giorno in cui ciò avviene e i motivi di chi lo fa. Soprattutto si ha la certezza che quello che c'è in periferia c'è anche al centro.
PRESIDENTE. Quindi ci sono archivi periferici che non coincidono con l'archivio centrale.
STELO. Possono non coincidere. Del resto ci sono tante carte da visionare ogni giorno. Tutti i giorni magistrati vengono a visionare i nostri archivi, che noi apriamo senza difficoltà: il segreto è stato opposto una sola volta. Se volete sincerarvi di qualcosa potete venire. Il dossier Achille è stato messo a disposizione e visionato integralmente da tutti i componenti del Comitato parlamentare di controllo.
PRESIDENTE. Prendo atto della sua disponibilità.
STELO. In questo modo qualche dubbio potrà essere eliminato, anche perché probabilmente lei potrà trovare prima di me la risposta alle sue domande. Se volete i miei archivi sono aperti. Recentemente, è venuto anche il Garante sulla privacy.
Dico di più. È tanto vero che le carte del passato debbono essere in qualche modo monitorate, che chi vi parla, appena insediato, ha fatto una proposta al Governo (ne posso parlare perché sta andando avanti) di istituire commissioni composte anche da esterni, ovviamente al di sopra delle parti nel senso della preparazione e della professionalità, che supportate da tecnici, effettuino un monitoraggio delle carte del passato. La proposta è in fase avanzata di esame.
PRESIDENTE. Questo è molto interessante.
STELO. Anche perché un Servizio che voglia lavorare per il futuro, come io voglio lavori, non può stare sotto la mannaia di fatti accaduti dieci, venti, trenta o quaranta anni fa. Sarebbe quindi opportuno che qualcuno al di sopra di noi decidesse cosa debba essere distrutto, cosa debba essere «congelato» e cosa vada riprotocollato.
Del resto, in base alla direttiva Dini un'opera di questo genere è in corso. Il Presidente del Consiglio Dini, in una audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo, disse di aver trovato le carte in una qualche confusione, per cui era necessario dare la direttiva di rivedere le regole sulla tenuta dei documenti.
PRESIDENTE. È una iniziativa già in corso?
STELO. La proposta è già arrivata al CIIS. Anche noi abbiamo la commissione d'archivio, la quale, soprattutto dopo l'input dato da Dini, su alcuni fascicoli, come quelli relativi ai parlamentari, ai magistrati, sta ricostruendo, risistemando, in modo tale che chiunque domani venga a chiedere un documento potrà trovare tutto ordinato in cartelline, fascicoli e volumi. Diciamoci la verità, ora c'è una maggiore sensibilizzazione su tali fatti: prima non c'era neanche il Garante sulla privacy. Si sta tentando di dare ordine al passato e di dare risposte più concrete ed ordinate di quelle che possono derivare da una lettura che non voglio definire frettolosa, ma che certo deriva dal fatto che non sono in grado di leggere migliaia di carte; e infatti i miei collaboratori mi aiutano in questo. In questo modo chiunque voglia avere delle informazioni potrà andare a botta sicura.
STANISCIA. Domando di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STANISCIA. Signor Presidente, è possibile stabilire che i Commissari rivolgano le domande al prefetto Stelo senza svolgere lunghi discorsi, che poi risultano sempre ripetitivi e, quindi, ci fanno perdere soltanto tempo?
PRESIDENTE. Mi sembra molto giusto. Questa è una raccomandazione che rivolgo sempre a coloro che chiedono la parola ed in particolare al collega Fragalà, al quale sto per dare la parola.
FRAGALA'. Non capisco perché il Presidente si rivolge solo a me!
PRESIDENTE. Perché lei sta per intervenire.
FRAGALA'. Prefetto Stelo, innanzi tutto la ringrazio per la disponibilità dimostrata e, naturalmente, mi unisco all'apprezzamento del Presidente per la sua persona e la sua professionalità.
Le dico subito che la sua audizione di questa sera coincide con un fatto particolarmente grave, che interessa il Servizio da lei diretto. Tra l'altro, proprio nel momento in cui iniziava questa audizione, il direttore di uno dei telegiornali maggiormente ascoltati, il dottor Enrico Mentana, ha concluso il suo editoriale delle ore 20 chiedendo se sia il caso che il nostro paese continui a spendere varie decine di miliardi di lire al mese per mantenere un Servizio di informazione e di sicurezza anche se oggi è scoppiato l'ennesimo scandalo: l'aeroplano su cui viaggiava il famoso capo terrorista Ocalan, uno degli uomini più ricercati del mondo, non è atterrato per caso all'aeroporto di Fiumicino (come ha sostenuto il presidente del Consiglio Massimo D'Alema), né si è arrivati al suo arresto sempre per caso, dal momento che egli aveva un passaporto falso; infatti, oggi un deputato della Repubblica, l'onorevole Mantovani, esponente di Rifondazione Comunista, ha confessato pubblicamente che quel viaggio....
PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, le lascio terminare il suo intervento, però le domande devono riguardare Ustica o il Caso Moro.
Per doveroso rispetto della ripartizione delle competenze tra codesta Commissione e il Comitato parlamentare preposto al controllo dei servizi di sicurezza, non ci occupiamo del problema curdo.
FRAGALA'. Sì, ma adesso rivolgerò al prefetto Stelo una domanda assolutamente pertinente al caso Ustica.
In questo editoriale è stato chiesto come sia possibile consentire al Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarare alla Camera dei Deputati che i fatti sono avvenuti in un certo modo - che è assolutamente falso e infondato - quando invece soltanto attraverso un'informativa dei servizi segreti turchi si è saputo, nella giornata di ieri, che su quell'aeroplano viaggiavano due parlamentari italiani con il passaporto di servizio...
PRESIDENTE. Non c'è bisogno di ascoltare l'editoriale di Enrico Mentana perché questo fatto era noto a tutti!
Ripeto, però, che ciò non riguarda codesta Commissione, a meno che non si decida di parlare con Frattini e il Parlamento stabilisca di investirci del problema curdo.
FRAGALA'. Vorrei chiedere al prefetto Stelo come sia possibile - questa è anche la domanda rivolta da Mentana ai milioni di telespettatori che lo ascoltavano - che il servizio di sicurezza, il Sisde, non abbia neanche preso nota della lista dei passeggeri che viaggiavano su quell'aeroplano.
Oggi sto ribadendo questo fatto perché intendo riallacciarmi proprio a quanto il presidente Pellegrino ha posto sul piano dell'organizzazione e dell'efficienza del Servizio, chiedendo se sia mai possibile che il Servizio abbia fonti che, anche se non vengono attivate rispetto a fatti eclatanti (come quello di Ustica ed oggi dico anche quello di Ocalan), non si attivino in modo spontaneo per riferire al Servizio che, ad esempio, nella lista dei passeggeri di un aereo della Aeroflot, proveniente da Mosca, oltre che un ricercato di questo spessore vi siano anche parlamentari italiani con il loro regolare passaporto.
PRESIDENTE. Prefetto Stelo, la prego di rispondere a questa domanda con riferimento al caso di Ustica: Mantovani ed Ocalan lasciamoli fuori, perché altrimenti creiamo un imbarazzo istituzionale e non ne vale la pena!
STELO. Sì, però rispetto ad Ustica aspetto ancora la domanda.
FRAGALA'. Rispetto ad Ustica la domanda è la seguente: subito dopo l'attentato di Ustica, vi è un appunto del Sisde del 26 aprile 1982, che le mostrerò perché fa il paio con il caso Ocalan e con quella che stasera il direttore di uno dei telegiornali più ascoltati in Italia ha dichiarato essere una inefficienza e una inefficacia del Servizio tali per cui ci si chiede se il denaro dei contribuenti venga speso bene o male. In tale appunto, che fa riferimento al pubblico ministero Giorgio Santacroce, si afferma: "Il magistrato inquirente - ripeto che all'epoca, nel 1982, era Giorgio Santacroce - sulla scorta degli elementi di cui dispone, ritiene più verosimile l'ipotesi che l'esplosione sia avvenuta all'interno del velivolo e ha quindi disposto altre perizie riguardanti le eventuali bruciacchiature della tappezzeria dell'aereo, sempre che si riuscirà a recuperare il relitto.
La prima domanda è la seguente: nel 1982 il Sisde aveva una informativa di una attività coperta da segreto istruttorio, quella - appunto - del pubblico ministero Santacroce; essa indicava che l'attività d'indagine era rivolta all'accertamento dell'ipotesi "bomba". Ecco, mi vuole dire se dispone degli elementi oppure se si riserva di fornirceli in una ulteriore audizione - come mai il Sisde, se aveva una informativa di questo livello, addirittura sulla causa bomba che aveva fatto deflagrare il velivolo, non attivò e soprattutto non compì una indagine completa per arrivare, dalla causa, agli eventuali moventi e responsabili di quello che il Sisde riteneva essere la causa su cui il pubblico ministero stava indagando con elementi fattuali di una certa rilevanza; ecco, cosa fece il Servizio una volta acquisita questa informativa?
STELO. Lei, in sostanza, mi chiede perché non sia stato dato seguito a questo.
PRESIDENTE. Ciò rientra in quell'atteggiamento sottolineato dai pubblici ministeri, cioè il fatto che i Servizi sembrano più preoccupati di seguire le indagini giudiziarie che di apportare elementi che possano essere utili al fine dell'indagine giudiziaria stessa.
STELO. Sui dettagli mi riservo di informarmi meglio ma, da quanto i miei collaboratori mi hanno mostrato, il contatto ci fu sicuramente con il pubblico ministero Santacroce, anzi si disse al capo del centro interessato di prendere contatti con il magistrato proprio su quello che ora sto leggendo. Tuttavia, non ci sono stati esiti di quest'incontro. Se non ricordo male il capo del centro il giorno prima stese un rapporto sulla vicenda che mi riservo di inviare alla Commissione. Non userei però il termine «indagine» per il SISDe a proposito della domanda del senatore Fragalà sulle indagini svolte dal SISDe.
FRAGALA'. Io le ho domandato quali fonti informative ha attivato il SISDe.
STELO. Il SISDe su fatti di questo genere può effettuare analisi e ricerche informative, ma non indagini. Molto spesso si parla di indagini dei servizi di informazione e di sicurezza: è bene chiarire che noi ci limitiamo ad analizzare la dinamica di certi fatti, ma non svolgiamo indagini.
FRAGALA'. Signor Prefetto, una risposta ragionata ed articolata alla prima domanda che le ho posto, secondo me, la dà il prefetto Vincenzo Parisi il quale, interrogato dal giudice istruttore Vittorio Bucarelli, alla presenza del pubblico ministero Santacroce, in un interrogatorio del 12 luglio 1980, afferma che una valutazione aggiornata pone in evidenza che, posta alla base della ricerca la certezza di un'esplosione, quest'ultima non possa farsi risalire al caso fortuito. Avuto riguardo alla pretesa rivendicazione dei NAR di Affatigato, essa è inconcepibile in caso di mera disgrazia. Parisi in sostanza dice al giudice che, una volta condivisa la certezza dell'esplosione, questa non può essere dovuta al caso perché, se qualcuno ha inventato la rivendicazione dei NAR, cioè di Affatigato, non l'avrebbe mai fatto in caso di mera disgrazia. Se l'ha fatto ciò è avvenuto perché quel qualcuno che ha depistato - successivamente le dirò chi e quante volte lo ha fatto - seppe immediatamente che non si trattò né di collisione, né di disgrazia, né di vuoto d'aria, né di cedimento strutturale, ma di un'esplosione dolosa. Nutrì dunque l'esigenza di organizzare il depistaggio. Lei converrà sul fatto che la fonte che ho citato non è una persona qualunque: potremmo quasi dire che il prefetto Parisi rappresenta la memoria storica di tutti i fatti che sono accaduti. Come le ha ricordato il presidente Pellegrino, il prefetto Parisi, non solo davanti al giudice ma anche davanti alla Commissione, non ha perduto occasione per dire che a suo avviso l'attentato di Ustica per l'abbattimento del DC9 Itavia fu procurato con una bomba; e non ha mancato occasione altresì per dire che l'attentato di Ustica e la strage di Bologna sono collegati sul piano dei moventi e delle responsabilità. La domanda che dunque le pongo, che è sempre correlata alla prima, è la seguente: il SISDe non può non aver avuto traccia circa l'identità di chi organizzò il depistaggio e non può non aver avuto traccia del fatto che l'esplosione fu immediatamente decrittata da chi organizzò il depistaggio come fenomeno doloso e non come una disgrazia. Quindi il giorno dopo si organizzò il depistaggio di Affatigato. Quali elementi può fornire rispetto alla valutazione di Parisi e rispetto a quella che deve oggi essere ritenuta un'attività di depistaggio di un certo rilievo?
STELO. Il nome di Parisi è ricorso due volte nel corso dell'audizione. Parisi non può purtroppo dare l'interpretazione autentica del contenuto di quell'interrogatorio perché non c'è più, ma il suo nome è passato alla storia tra quelli dei grand commis dello Stato. Io stesso non posso contestare ciò che un uomo della sua personalità ha affermato in varie sedi. Posso dire che agli atti del Servizio non ho trovato alcunché: non ho dunque elementi né per smentire né per confermare quella dichiarazione. Occorre ricordare che Parisi non è stato soltanto direttore del SISDe ma è stato anche Capo della Polizia per circa otto anni. Proprio in virtù della professionalità e dell'esperienza acquisita nel corso degli anni non si può escludere che potesse avere elementi di conoscenza, ben al di là di quelli che fosse in grado di fornirgli lo stesso SISDe. Tanto è vero che ai nostri atti abbiamo uno studio, effettuato da Parisi, all'interno del nostro Servizio nel 1985, relativo alle stragi messe in atto in Europa dal 1969 al 1985, nel quale non è menzionato, per esempio, il disastro aereo di Ustica. Questo può essere un elemento di valutazione che va nel senso contrario rispetto a ciò che ha affermato il senatore Fragalà.
FRAGALA'. Nel 1993 Parisi dà però un'altra indicazione.
STELO. Posso presumere che lo abbia fatto in qualità di Capo della Polizia. Debbo dire onestamente che un uomo della sua esperienza può essere giunto autonomamente ad una diversa e altrettanto autorevole valutazione che non posso però né confermare né smentire. Devo ammettere di non aver letto lo studio di Parisi, un documento di una trentina di pagine.
PRESIDENTE. Le chiedo di inviarlo alla nostra Commissione.
STELO. In questo studio, che fu inviato ai vertici istituzionali, era esposta la seguente teoria che desidero citare perché può fornire una chiave di lettura: nel contesto internazionale delle stragi, alla «guerra delle cannoniere» era subentrata la «guerra surrogata». Ad una guerra condotta a mezzo di navi e di aerei se ne sostituiva una di altro tipo. Questo studio tuttavia non comprendeva il disastro di Ustica. Tuttavia il prefetto Parisi può averla inclusa successivamente nell'ambito del contesto che aveva studiato. La mia è ovviamente una ricostruzione.
FRAGALA'. Posso aiutarla non tramite una seduta spiritica, non come ha fatto il presidente Prodi, ma riferendo le parole di Parisi il quale, al giudice Bucarelli che gli chiede una spiegazione di questa analisi, aggiungeva che è ovvio riferire ad eventi oscuri matrici che potrebbero risalire soltanto ad apparati terroristici o devianti, rispetto ai quali potrebbero essere intervenute coperture mediate, delle quali è stata presumibilmente cancellata ogni traccia. Parisi afferma dunque che si tratta sicuramente di un atto di terrorismo: perché non solo vi è stata subito una rivendicazione falsa, inconcepibile in caso di disgrazia, ma si è immediatamente attrezzata un'attività di copertura per cancellarne ogni traccia.
Durante i lavori di questa Commissione abbiamo avuto più volte l'occasione di verificare una perfetta identità di attività di depistaggio in relazione a tre grandi fatti omicidiari o stragistici di quello sventurato anno 1980: l'omicidio del presidente della regione Sicilia Mattarella, il 6 giugno 1980 a Palermo, la strage di Ustica e quella di Bologna. Per tutti e tre questi episodi delittuosi vi fu immediatamente una rivendicazione falsa, o meglio dimostratasi poi falsa ma che all'inizio ha fatto perdere anni e anni in processi e in indagini ai danni di esponenti dei NAR.
La prima rivendicazione fu quella del 7 gennaio 1980, quando una voce telefonò all'Ansa e al giornale di Palermo e disse: «Abbiamo ucciso il presidente Mattarella per vendicare l'assassinio dei camerati di Acca Larenzia...» Lei immagini se la mafia potesse fare queste dichiarazioni. A Palermo nessuno conosceva Acca Larenzia e nessuno sapeva dell'uccisione di un giovane missino avvenuta qualche tempo prima in una sezione periferica del Movimento sociale di Roma.
Lo stesso accadde per Ustica, con Affatigato, di cui parla Parisi. Sempre i NAR; prima Fioravanti (NAR), poi Affatigato (NAR). La terza rivendicazione, sempre rivolta ad Affatigato, avvenne per la strage di Bologna e soltanto per questo episodio la magistratura di Firenze individuò l'autore e lo condannò per calunnia; era naturalmente un ufficiale dei servizi segreti, Manucci Benincasa. È stata emanata una sentenza che voi conoscete meglio di me.
Questa singolare metodologia di depistaggio per questi tre episodi del 1980 evidentemente permette una chiarissima lettura dell'analisi di Parisi, il quale ha sostenuto che non soltanto non poteva trattarsi di una disgrazia perché si era verificato subito il depistaggio, ma si è trattato di un atto terroristico perché, immediatamente dopo, si è cercato di coprire e cancellare ogni traccia per Ustica. Come lei sa, per l'uccisione di Mattarella si è svolto un processo con imputato Fioravanti, il quale è stato condannato a venti anni e poi assolto già in primo grado, mentre per la strage di Bologna, purtroppo, è stata pronunciata una sentenza ingiusta che speriamo subisca una revisione, sentenza che ha condannato Fioravanti e Francesca Mambro. In questo interrogatorio, Parisi, a un certo punto, aggiunge una frase molto significativa: «Il gioco della disinformazione ha avuto un ruolo chiave nella vicenda, sia per depistare sia per produrre effetti laceranti all'interno delle istituzioni, con sospetti, accuse, controaccuse che tuttora mirano a destabilizzare il quadro degli operatori di giustizia e dell'amministrazione».
Il quadro esposto dal prefetto Parisi è chiarissimo e non sarebbe necessario convocarlo nuovamente, se fosse in vita, perché in questo interrogatorio ha detto tutto e ha riferito ancora di più nelle audizioni cui si è sottoposto davanti a questa Commissione.
A tutto questo lei deve aggiungere un verbale del CIIS, il Comitato interministeriale di sicurezza, tenuto segreto per quindici anni e fatto sequestrare dal giudice Priore a Forte Braschi. In questo verbale si dichiarava che il 5 agosto 1980, tre giorni dopo la strage di Bologna e un mese dopo la strage di Ustica, si tenne una riunione sotto la Presidenza dell'allora Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, con tutti i Ministri, i capi della polizia, i capi dei servizi, quelli dei carabinieri, e si disse che erano intervenute informative dei servizi segreti stranieri e una informativa del ministro dell'interno socialdemocratico tedesco Baun il quale affermò che le stragi di Ustica e di Bologna avevano la stessa matrice e lo stesso movente, cioè il terrorismo libico e la vendetta di Gheddafi a causa di un'attività che l'Italia non aveva consentito e che si fa risalire al famoso caso della sparizione dell'Iman e al fatto che Gheddafi pretendeva di essere ricevuto a Roma in «pompa magna»; il generale Roberto Iucci compì una pericolosissima missione della durata di un anno proprio a Tripoli.
Sulla base di tutto questo, le chiedo come sia possibile che negli archivi del Sisde non ci sia traccia di elementi che emergono chiarissimamente dagli atti processuali, dalle testimonianze del prefetto Parisi, dal documento del CIIS, dalla relazione del generale Iucci; praticamente in Italia tutti sapevano che erano stati i libici, tutti sapevano che si trattava di una bomba, tutti sapevano che l'attentato di Bologna era una replica. Sono stati scritti dei libri. Il sottosegretario Zamberletti, che prese parte a quella riunione del 5 agosto 1980, ha scritto anche un libro intitolato «La minaccia e la vendetta», nel quale illustra come l'attentato fu un'ulteriore operazione dei libici per vendicarsi della loro estromissione dal trattato commerciale con Malta da parte dell'Italia.
PRESIDENTE. Su Ustica sono stati scritti molti libri anche in senso contrario.
FRAGALA'. Lo so.
PRESIDENTE. Lei ha detto che tutti sapevano; però convivevano diverse versioni!
FRAGALA'. Signor prefetto, io sto citando il libro di un testimone di quella riunione, di un esponente politico che partecipò a quella riunione, in cui si disse che erano stati i libici e che non si doveva dire nulla ai magistrati. Si disse anche questo, poi tutti sono venuti qui a negare o ad affermare di non ricordare. I componenti di quel famoso comitato sono stati tutti ascoltati dal giudice Priore, li abbiamo ascoltati anche noi e abbiamo sentito anche l'ex Presidente della Repubblica, senatore a vita Francesco Cossiga; tutti hanno negato l'evidenza, nessuno ricorda niente di quella riunione e di quel verbale rimasto per quindici anni segreto a Forte Braschi.
Se il giudice Priore non avesse sequestrato quel verbale noi non avremmo acquisito questo elemento. Ma io chiedo a me stesso, in qualità di rappresentante parlamentare, se è mai possibile che di fatti così eclatanti, cui faceva riferimento il presidente Pellegrino, parlavano tutti e i nostri servizi segreti non conservano nei loro archivi neppure uno straccio di informativa.
STELO. Per quanto riguarda Parisi, ho già fornito una risposta e le ripeto quanto sopra su tale questione e sulle sue valutazioni.
Devo ripetere che su questi episodi non esistono carte, ma dal momento che io non metto la mano sul fuoco su niente, procederò ad un'ulteriore verifica, proprio perché il dubbio è sempre positivo. Ho già invitato lei e anche gli altri membri della Commissione a sincerarsene recandosi nel mio servizio.
Ritengo giusto il dubbio che ha esposto e che può sorgere anche in altre persone ma io devo riferire fatti.
Lei ha citato Zamberletti ma mi sembra che la tesi di Parisi sia stata ripresa anche da Bisaglia.
FRAGALA'. Sì, anche da Bisaglia.
STELO. Quindi più di una persona ha sposato questa tesi. Ma se fosse vero quello che lei sostiene forse avremmo trovato la chiave di lettura di tutto, per cui sarebbe anche inutile che io confermi.
Purtroppo a questa vicenda si sono interessati molti periti, molti magistrati, i servizi, organismi militari, e siamo qui ancora a parlarne; evidentemente, tutti noi abbiamo dubbi da sciogliere. Pertanto, alla domanda da lei posta io non posso rispondere né sì né no, posso solo affermare che in astratto tutte le ipotesi sono ipotizzabili. Io comunque oggi non sono in condizioni di esprimere smentite o conferme. Verificherò ulteriormente quello da lei sostenuto per scrupolo professionale.
FRAGALA'. Signor prefetto, voglio aiutarla.
STELO. Sinceramente, anch'io mi libererei volentieri di Ustica. Quindi mi aiuti.
FRAGALA'. Voglio aiutarla e tra poco mi metterò la barba finta.
STELO. Io non l'ho mai portata!
FRAGALA'. Non appena conosciuta la notizia dell'incidente, il Sisde, allora diretto dal generale Grassini, si attivò per conoscere le cause del disastro. Questo è un documento ufficiale del Ministero dell'interno, Dipartimento di pubblica sicurezza.
Quindi, il Servizio immediatamente si attivò per conoscere le cause del disastro. A un certo punto del documento si aggiunge: «Nello stesso giorno, l'allora direttore dell'UCIGOS informò per le indagini la questura di Bologna. Quella mattina, a richiesta della questura di Bologna, un funzionario della Digos di Roma aveva contattato un funzionario della Società Itavia per sapere se la notizia diffusa via radio, che ipotizzava un atto di sabotaggio quale causa del disastro aereo, fosse stata formulata ufficialmente dalla Società». Infatti, dopo si organizzò il depistaggio, prima su Affatigato e poi sul cedimento strutturale. "Però la mattina stessa, cioè il 28 giugno del 1980, fu diffusa una notizia che vi era stato un atto di sabotaggio sull'aereo quale causa del disastro aereo. Il funzionario della Digos chiedeva se tale ipotesi fosse stata ufficialmente formulata dalla Società. Il dirigente interpellato, nel respingere categoricamente tale congettura, dichiarava però che essa poteva essere stata avanzata a titolo puramente personale da qualche dipendente".
Allora, se immediatamente il generale Grassini ed il Sisde si attivano, se immediatamente la questura di Bologna attiva un funzionario della Digos di Roma (perché già era stata diffusa la notizia che c'era stato un atto di sabotaggio a bordo), come mai nei vostri archivi non c'è niente, mentre io continuo a citare carte che provengono dai vostri archivi? A questo punto, io ho un archivio personale del Sisde più fornito del vostro, oppure dovete compiere una ricerca più approfondita.
STELO. Se è vero quello che dice lei, allora non ci sarebbe il vuoto e quindi la risposta se la sarebbe già data. Mi farebbe piacere. Evidentemente, quello che lei dice riguarda una carta. Da ciò che ricordo io, il Sisde si attivò il giorno successivo in base alla telefonata che arrivò proprio da sedicenti NAR a «Il Corriere della Sera» romano per Affatigato, che era nell'aereo. Mi sembra di aver già detto all'inizio che il Sisde attivò i centri di Palermo e Bologna, che erano interessati dal viaggio, per avere elementi. Poi giunse la smentita, perché la madre di Affatigato telefonò e disse che non era vero.
PRESIDENTE. Mi scusi, ma sono tutte cose note.
STELO. Lo so, ma devo sapere se c'è un vuoto o no, però...
PRESIDENTE. Era soltanto per dire che, visto che non riesco a far sintetizzare le domande, la pregherei di sintetizzare la risposta. Sul depistaggio Affatigato sappiamo tutto.
STELO. Ma l'onorevole Fragalà ha diritto ad una risposta.
PRESIDENTE. Ha ragione.
STELO. Quindi, il Sisde si è attivato, così come si è attivato qualche giorno dopo sempre su Affatigato, dopo la strage del 2 agosto. Per quei giorni ci sono alcune carte che provano che il Sisde si è attivato, semmai, la "censura" è stata posta per il periodo successivo.
FRAGALA'. Vorrei che lei mi desse, se non una risposta documentata, comunque una sua valutazione, che senz'altro è di pregio, su questa indicazione che le ho fornito circa i tre identici depistaggi che si fanno per l'omicidio Mattarella, per Ustica e per Bologna.
STELO. Oggi non mi sento di darle questa risposta, per cui mi riservo di approfondire l'argomento e di risponderle successivamente.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Fragalà, quante altre domande ha preparato?
FRAGALA'. Solo un'altra su Moro.
PRESIDENTE. Allora, faccio un'osservazione sulle sue domande.
Le do atto che anche i pubblici ministeri hanno attentamente scrutato questo problema del rapporto Italia-Libia ed hanno confermato una compatibilità logica con quel rapporto delle ipotesi dell'attentato provocato da un'esplosione interna, e non hanno trovato prove. Perciò su quel punto il discorso resta aperto.
FRAGALA'. No, Presidente, chiedo scusa se completo le sue osservazioni: i pubblici ministeri hanno detto che hanno trovato prove, però hanno trovato anche altri elementi contraddittori.
PRESIDENTE. Però il dubbio che ho, e che riprende un'osservazione che fu avanzata da Malpica (ed ecco perché è pertinente all'audizione del prefetto Stelo), è il seguente: ma una bomba come sarebbe esplosa? Se era una bomba ad altimetro, l'aereo stava volando da parecchio tempo a quella quota e quindi doveva esplodere prima; se era invece una bomba a tempo, dobbiamo pensare che era stata preparata per farla esplodere a terra, quando l'aereo stava a Palermo.
FRAGALA'. Sì, una bomba ad orologeria.
PRESIDENTE. Lei ha una serie di certezze. Io invece ho questo dubbio. Allora si sarebbe trattato di un «attentatino» e non di un fatto sanguinario, perché la bomba sarebbe esplosa quando l'aereo era a terra e quindi avrebbe distrutto l'aereo e avrebbe fatto male a pochi.
FRAGALA'. Quella era la minaccia: la vendetta verrà dopo. La minaccia doveva essere un atto dimostrativo e invece si trasformò in una tragedia. L'aereo doveva esplodere a Palermo; soltanto il ritardo di un'ora e mezza comportò la tragedia.
TARADASH. Questo prova che gli attentatori non erano italiani, perché altrimenti avrebbero messo in conto il ritardo dell'aereo!
FRAGALA'. Signor prefetto, debbo esprimerle la mia personale gratitudine perché lei ha dissolto un velo, a proposito della questione della proprietà dei famosi appartamenti di via Gradoli in capo a società dei Servizi e del Viminale, facendo una nota per il ministro Napolitano datata 9 luglio 1998 e chiosando un'interrogazione dei parlamentari di Alleanza Nazionale, i deputati Giovanni Alemanno e Francesco Storace. Lei ricorda questa nota che ha fatto?
STELO. Sì.
FRAGALA'. Il ministro Napolitano, invece di usare questa nota per rispondere in Parlamento all'interrogazione di Alleanza Nazionale, l'ha successivamente inviata, con altri atti di vario tipo dell'archivio della Presidenza del Consiglio e del Viminale, a questa Commissione.
PRESIDENTE. Questa è un'osservazione che mi fece anche Zani e per questo mi fa piacere ciò che lei sta dicendo: non è il Servizio che ci ha scritto, ma è il Ministro dell'interno che, avendo chiesto al Servizio le notizie per dare risposta all'interrogazione, poi le ha inviate a noi.
FRAGALA'. Da diverso tempo, in sede parlamentare e anche nella Commissione stragi, abbiamo avanzato l'ipotesi che il mistero di via Gradoli fosse collegato alla presenza di appartamenti di proprietà delle società collegate al Viminale e poi passate al Sisde nell'ottobre del 1978, ipotesi che ci era sempre stata negata dai responsabili del Servizio. Tutti erano intervenuti affermando che non era vero ciò che dicevo io insieme ad altri e che il Sisde ha messo in opera quelle società soltanto nell'ottobre 1978, mentre durante il sequestro Moro non aveva appartamenti in via Gradoli.
Invece, dobbiamo esserle grati dal momento che lei in questa chiosa ha chiarito che la società immobiliare Gradoli in effetti faceva riferimento alla società FIDREV e alla società GATTEL, i cui pacchetti azionari erano nelle mani del Viminale prima che il Servizio segreto civile fosse fondato.
PRESIDENTE. Però non dice così la chiosa.
STELO. No, non è così.
FRAGALA'. Un attimo. Sto facendo la cronistoria.
PRESIDENTE. La nota del Servizio.
FRAGALA'. Lo sto dicendo, sto facendo la cronistoria.
Ad un certo punto il prefetto Marino sottolineava: «Non sembra verosimile sostenere sic et simpliciter un diretto collegamento del SISDe con gli immobili di via Gradoli, ma potrebbe apparire di qualche rilievo considerare che fino al 1988 società di consulenza del Servizio per la GUS e la GATTEL era la FIDREV, società controllata dall'Immobiliare Gradoli, nella quale il Bonori era sindaco supplente. Dal 1988 al 1994 il Bonori ha assunto l'incarico di commercialista di fiducia del SISDe subentrando alla FIDREV». E poi ci sono tutti gli elementi che riportano alla ricostruzione delle varie quote sociali e dei rapporti con la FIDREV, che era la società azionista di maggioranza dell'Immobiliare Gradoli e che risulta avere svolto assistenza tecnico-amministrativa per la GUS e la GATTEL dalla loro costituzione fino al 14 ottobre 1988.
PRESIDENTE. Quindi, in buona sostanza, mi scusi se la interrompo, da questa informazione che abbiamo ricevuto risulterebbe che persone fisiche, che in epoca molto successiva hanno sicuramente avuto rapporti con il Servizio, avevano comunque un qualche ruolo nelle società cui appartenevano proprietà immobiliari nella zona di via Gradoli nel 1978. È così?
FRAGALA'. Sì, esatto.
Ora, la vera novità contenuta in questa nota chiosata da lei, signor prefetto, e inviata dal ministro Napolitano alla Commissione, emerge proprio dalla risposta che lei fornisce al ministro Napolitano in merito ad uno dei quesiti contenuti nella interrogazione di Alleanza Nazionale. Peraltro tale quesito non è presente nel testo originale dell'interrogazione dei due deputati Alemanno e Storace, ma solo nella nota dell'agenzia ADN Kronos che il 6 luglio, dandone la notizia, rielaborava e sintetizzava una parte del documento ispettivo.
La frase originale era: "Se corrisponde a verità, come affermato dal mensile Area, il fatto che alla data del 6 ottobre 1993, giorno dell'audizione del dottor Pasquale De Rosa in sede di commissione d'inchiesta ministeriale, il nome della FIDREV fosse ancora sconosciuto". Mentre la sua risposta suona così: «In relazione al quesito, peraltro di non chiara formulazione (chi scrive si riferisce infatti a quello citato nella nota dell'ADN Kronos), se corrisponde a verità che, alla data del 6 ottobre 1993, il nome della FIDREV risultava ancora coperto dai Servizi stessi» - quindi del tutto diverso dal testo originale dell'interrogazione, ove esso si riferisca alla mancata pubblicizzazione dei rapporti della GUS s.a.s. e della GATTEL s.r.l. con la FIDREV alla data del 6 ottobre 1993 - «ne appare evidente la ragione connessa all'esigenza di mantenere riservati nomi e attività delle società di copertura divulgati solo a seguito dell'inchiesta fondi neri del SISDe, invero già nota nel circuito istituzionale».
Ora, le chiedo questo, e glielo chiedo per un motivo particolare, certo che lei potrà darci dei lumi: se è vero che persone o società che prima facevano riferimento al Ministero dell'interno e poi sono passati al SISDe possedevano degli immobili in via Gradoli. Lei all'inizio di questa audizione ha detto che avete ricevuto uomini e mezzi da varie parti.
PRESIDENTE. Senatore Fragalà, è una domanda intelligente però non è sicuro che quelle persone all'epoca avessero già rapporti con il Viminale. Questo sarebbe molto interessante, però da quel documento non risulta.
FRAGALA'. Noi ci siamo sempre posti un problema riguardo al famoso mistero di via Gradoli. Questo covo era stato locato fin dal 1975 da personaggi di Potere operaio, e quindi da Morucci. Questo covo, anzi la palazzina A del numero civico 96, come risulta da documenti ufficiali dell'UCIGOS, era sotto osservazione perché negli anni precedenti al 1978 c'era stato un via vai di estremisti di sinistra calabresi, di Potere operaio, tra cui Piperno, con un famoso furgone con la targa calabrese posteggiato lì davanti. Questo covo era già stato sotto osservazione, era in via Gradoli, dove sicuramente c'erano immobili o appartamenti che facevano riferimento a persone o società che poi, come ha detto il Presidente, risulteranno fare capo ai Servizi e al SISDe, e prima facevano capo al Viminale secondo la mia ipotesi. Questo covo di via Gradoli viene per tre volte segnalato alla polizia e al Ministero dell'interno, come se ci fosse all'interno delle Brigate Rosse un'ala trattativista che cercava di far scoprire la cabina di regia del sequestro Moro e fare arrestare Moretti, salvando così la vita di Moro, o comunque c'era qualcuno che per ben tre volte attivò delle informazioni dirette alla polizia, all'UCIGOS, al Ministero dell'interno fino alla famosa seduta spiritica che, secondo noi, è una mistificazione. Infatti una serie di insigni professori di economia, che poi faranno grandi carriere, andarono a dire ai magistrati, al Ministero dell'interno, alle Commissioni che avevano invocato la spirito di Don Sturzo e quello di La Pira che avevano dato il nome «Gradoli».
Ebbene, in questa Commissione abbiamo ipotizzato - lo ha fatto per primo il presidente Pellegrino - che la copertura della seduta spiritica servisse a non citare una fonte che era impresentabile o irripetibile o che comunque avrebbe destato perplessità per ragioni di contiguità tra chi aveva ricevuto l'informazione e chi l'aveva data.
Ora, attraverso la sua nota informativa, le faccio un'ipotesi e la prego di aiutarci a capire se il professor Prodi ebbe la notizia dal suo avvocato. L'attuale avvocato del professor Romano Prodi è Claudio Palandri. Dico che è il suo avvocato perché è l'avvocato che lo assiste in tutte le querele, in tutti gli atti giudiziari in cui Prodi è parte. Questo Claudio Palandri è figlio del fondatore della FIDREV, nonché membro del consiglio di amministrazione della stessa fiduciaria di piazza della Libertà 10, cioè è il figlio del fondatore di quella società - su questo lei non dovrebbe avere difficoltà - a cui fanno capo gli appartamenti di via Gradoli.
La mia ipotesi ultima è questa. Probabilmente per fini encomiabili l'avvocato Claudio Palandri, proprio perché controllava quella società e quegli immobili, seppe che li c'era la cabina di regia del sequestro Moro. Lo riferì al professor Prodi e quest'ultimo inventò la copertura della seduta spiritica perché probabilmente non voleva indicare una fonte di questo tipo, una fonte dei Servizi. Così venne fuori il nome di via Gradoli. Però lei sa che per l'insufficienza degli apparati del Ministero dell'interno di allora questa informativa non servì a niente perché andarono a cercare il corpo di Moro nel paese di Gradoli, in provincia di Viterbo.
Ecco, io vorrei che lei mi confermasse questi dati obiettivi, cioè che l'avvocato Claudio Palandri, figlio del fondatore della FIDREV, era nel 1978 uno dei componenti del consiglio di amministrazione della società che gestiva gli immobili del Viminale e poi dei Servizi segreti.
STELO. Vediamo la questione Via Gradoli. Lei è partito dagli immobili e poi è finito a domande più "di intelligence". Innanzi tutto (e sempre salvo verifica), non mi pare che il Ministero dell'interno abbia lasciato immobili "in eredità" al SISDe, tant'è che non ho parlato di immobili, ma di persone e mezzi, e che forse l'unico immobile che oggi si può dire appartenga al Ministero dell'interno è l'attuale sede, perché il SISDe iniziò nei locali del Ministero dell'interno (poche stanze). Le uniche società di copertura che il SISDe può legittimamente affermare di aver avuto sono quelle due che lei ha citato, la GUS e la GATTEL, debitamente autorizzate dai Ministri dell'epoca ed effettivamente società di copertura (tra l'altro, una già liquidata nel 1995 e l'altra ormai quasi liquidata del tutto, visto che ne sto accelerando la liquidazione). L'alloggio nel quale era il covo delle BR (come lei ha detto) era già stato affittato nel 1975, quindi prima che il SISDe si fosse formato, e da privati, i cognomi dei quali mi sembra fossero Ferrero, Bozzi, o comunque qualcosa del genere. Quindi, perlomeno prima di nascere, non potevamo essere attivi!
Le società proprietarie degli immobili posti in Via Gradoli, compresa la "Gradoli", non sono mai appartenute al SISDe, neanche come società di copertura. Il collegamento fra alcune di quelle società ed altre società formate dopo da Broccoletti e da altri, cioè da alcune persone che sono note, è nel fatto che si tratta di società che non bisogna definire del SISDe, ma di persone che ad esso sono appartenute e poi sono andate via, e che mi pare di ricordare che la stessa magistratura ha definito «di pertinenza delle persone che le avevano formate con i fondi del SISDe».
Il collegamento, che sicuramente è incidentale ma che esiste, è con la FIDREV, perché quest'ultima fu incaricata della consulenza (bilanci e fatture) del SISDe dal direttore della divisione amministrativa di allora, che è quel De Rosa che poi fu sentito dalla Commissione Mancuso e che affermò di aver scelto la FIDREV su input del direttore di allora; tale società fu incaricata nell'ottobre del 1978 e tale incarico durò per dieci anni.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma questo rapporto fiduciario, di fiducia professionale, aveva un antecedente nel Viminale, nell'ufficio Affari riservati?
STELO. Non mi risulta, però devo verificarlo, considerata l'osservazione fatta dal parlamentare intervenuto prima. Lo chiederò anche al Viminale.
FRAGALA'. È questo il nodo!
PRESIDENTE. Sarebbe questo, il nodo!
STELO. Posso rispondere per quanto ne so: a me - ripeto - non risulta, ma l'accerteremo.
Dopo, nel 1988, amministratore della GUS e della GATTEL, Broccoletti, affidò questo incarico al Bonori, che era sindaco supplente della FIDREV. FIDREV che era già nata, e tra i fondatori della quale c'era l'avvocato Palandri: questo è oggettivo e quindi non può essere contestato. Non so poi se sulla questione lei voleva sapere qualcos'altro.
Comunque, nel 1995, il prefetto Marino, in relazione ad un articolo di stampa, ebbe a dare le prime notizie sulla questione, cioè su Via Gradoli e sulle varie società. Nella mia gestione ho scritto due lettere: una era quella ed un'altra forse successiva o precedente, perché sono state due le occasioni. Una era riferita ad un mensile (Area, se non ricordo male) e poi l'altra ineriva l'interrogazione parlamentare. Sul mensile Area noi abbiamo risposto anche alla magistratura (per cui mi pare che recentemente, in una conferenza stampa, è stato detto di mandare gli atti alla procura, ma noi l'avevamo già fatto, con il che do una risposta anche a chi allora chiedeva questo pubblicamente: è stato mandato tutto; alla procura della Repubblica di Roma).
PRESIDENTE. Questo mi consta anche personalmente.
STELO. Siccome si chiedeva questo, perlomeno lo confermo. Poi, le stesse carte sono state mandate anche al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza, tant'è che - anzi - tale Comitato di controllo ci ha anche chiesto dei chiarimenti, sul fatto se avessimo ereditato il patrimonio del SID e gli abbiamo risposto di no.
PRESIDENTE. No, del Ministero.
STELO. No, ci è stato chiesto questo, il patrimonio del SID, lo ricordo bene. Poi ci sono state chieste alcune cose su alcuni aspetti societari della FIDREV, su cui abbiamo confermato e risposto; poi, invece, ci venivano poste domande su assetti societari di varie società, compresa la FIDREV, sulle quali abbiamo espresso delle perplessità, perché, siccome c'è la magistratura che sta indagando, il fatto di mandare in giro i miei agenti, i miei operatori per i pubblici registri a chiedere e a visionare i registri... Per quanto riguarda il periodo antecedente al 1993, poi, non risulta dai registri pubblici, perché poi la legge è cambiata. Ho espresso perplessità su questo, perché mandare in giro, oggi, qualcuno su un argomento del genere di cui si occupa la magistratura...
PRESIDENTE. Anche questa vostra cautela fa parte dei documenti che abbiamo ricevuto.
STELO. Probabilmente potrebbe indurre qualcuno... ed io assolutamente non voglio alcuna dietrologia. Se poi qualcuno me lo ordina per iscritto, lo farò, ma avrò il titolo per farlo.
PRESIDENTE. Cosa ha da dirci sul nome del legale che ha fatto l'onorevole Fragalà?
STELO. A me risulta: ho letto l'avvocato tra i fondatori, mi pare, tra coloro che hanno costituito la FIDREV. Mi sembra che fossero tre.
FRAGALA'. Il padre: poi il figlio ha continuato.
STELO. Del resto, non so. Come dicevo, ho fatto quelle due precisazioni su tutta la vicenda. Dico anche che avendo letto la notizia dell' «ADN Kronos», ricordo che non è stato il Ministro ad averlo chiesto, ma io d'ufficio a farlo, perché leggendo il contenuto dell'interrogazione ho ritenuto di fornire al mio Ministro, prima che lui me lo chiedesse, subito, elementi di conoscenza in modo tale che, se voleva, potesse replicare immediatamente. Poi, il testo dell'interrogazione era parzialmente non coincidente, per cui dopo abbiamo precisato le cose che lei ha detto successivamente.
Per il resto, le altre ipotesi non mi risultano agli atti. Mi si consenta sempre di fare ulteriori approfondimenti.
PRESIDENTE. Voglio lasciare a verbale questa mia riflessione, prima di dare la parola ad un altro parlamentare.
STELO. Mi consenta, signor Presidente, di interromperla per fare un'ulteriore precisazione. Sono state ricordate come forme di imprecisione le due date, quella del 27 luglio e quella del 4 agosto. Se avete ricevuto i documenti relativi al (se lo vogliamo chiamare così) licenziamento del Bonori, l'errore è banalissimo. Sbagliano tutti, compresi gli uffici ed anche in epoca attuale, per cui, in una prima risposta, è stata fornita la data della determinazione del direttore; nella seconda la data della notifica all'interessato. Dico questo per evitare dietrologia sulle due date diverse.
PRESIDENTE. Poc'anzi stavo facendo questo tipo di riflessione, che affidavo anche all'attenzione dei colleghi. Cos'è che resta di tutta questa vicenda? L'inverosimiglianza di un dato ufficiale. Cioè, nel momento in cui il nome "Gradoli" arriva agli apparati di sicurezza (e ritengo probabile che l'informazione sia partita dall'interno stesso, da ambienti vicini alle BR e ritengo addirittura possibile, ma non probabile, che parta da Morucci) e cioè quando questa informazione della seduta spiritica - che, continuo a ritenere, è assolutamente inverosimile - viene percepita e riversata agli apparati di sicurezza, nessuno sa che a Roma c'è una via Gradoli. Questa è una cosa non verosimile! A questo si aggancia una serie di altre conseguenze. L'irruzione nel paese di Gradoli rappresenta oggettivamente un messaggio per chi stava nel covo di via Gradoli. Io sto nel covo di via Gradoli e vengo a sapere che il paesino sconosciuto di Gradoli è oggetto di un'irruzione militare: il messaggio che ricevo è che il covo "scotta" e, quando lo abbandono lasciando scorrere l'acqua nella doccia, do un messaggio che significa «messaggio ricevuto; grazie, arrivederci, me ne vado». Il che porta ad ipotesi sconvolgenti: cioè che all'interno degli apparati di sicurezza c'era chi tifava per il partito di Morucci e chi per il partito di Moretti. Questo è il vero nodo. Poi, a chi fossero appartenuti gli immobili (al fratello o al cugino) non è che non sia importante, ma alla fine quello che resta penso che sia questo tipo di riflessione, che effettivamente è sconvolgente. Tutto si riaggancia alla doccia lasciata aperta, al modo in cui viene abbandonato il covo.
FRAGALA'. Vorrei intervenire.
PRESIDENTE. Diamo la parola alla senatrice Bonfietti, perché i colleghi ci hanno pazientemente ascoltati per circa un'ora. La prossima volta, senatore Fragalà, faremo nel seguente modo: le darò la parola per dieci minuti: alla fine della seduta potrà poi porre tutte le domande che vorrà e rimarremo qui fino alle due del mattino.
BONFIETTI. Prendiamo atto ancora una volta dalle dichiarazioni del dottor Stelo che all'interno del Sisde e agli atti del Servizio non vi è nulla di interessante sulla vicenda del 27 giugno 1980 e che non ci sono informative. Del resto, lo aveva già detto il giudice Priore nelle varie audizioni che ci sono state: il poco rilievo dato alla vicenda dal Sisde è nelle carte e lo possiamo rilevare. Credo anche che a lei non si possa chiedere più di tanto, se non delle conferme.
Però volevo vedere se, arrivando da un'altra parte, si potesse trovare qualcosa. Lei pensa che nei registri di protocollo che tenete all'interno del Servizio sia possibile ricavare qualche notizia, non tanto rispetto alla vicenda di Ustica, ma riguardo a tutto quello che negli anni Ottanta accadeva a livello nazionale ed internazionale? Mi riferisco al commercio di armi; mi riferisco ai rapporti con la Libia: come lei sa, bene o male, vi è il caso che il Mig 23 non sia caduto sulla Sila il 18 luglio e questo apre scenari cui noi non possiamo tentare di dare risposte.
Presidenza del vice presidente MANCA
(Segue Bonfietti). È possibile risalire a notizie di qualche utilità non più a beneficio del giudice Priore, che ha chiuso la fase istruttoria, ma di questa Commissione che, come vede, vuole continuare a scavare su quello che gli uomini degli apparati hanno o non hanno fatto rispetto a quella vicenda? Dalla verifica di questi altri elementi potremmo ragionevolmente avere qualche elemento utile, oppure questo lavoro è stato già svolto dal giudice Priore e quindi si tratta di dati che avete già consegnato alla magistratura?
Sempre riguardo all'attività svolta dal Sisde in quel momento, in relazione ai rapporti del Servizio, vorrei sapere se è possibile trovare riferimenti a questa vicenda a livello di rapporti con i Servizi collegati degli altri paesi. E' stata trattata in qualche modo questa vicenda? C'è, se non nel fascicolo Ustica, in altri fascicoli una trattazione di qualche tipo, in qualche modo relativa alla vicenda del DC9 dell'Itavia? Sono queste le uniche domande che posso porre di fronte alle poche risposte che tutti ci hanno riconfermato circa l'attività del Sisde.
Da ultimo, vorrei che lei facesse assieme a noi una considerazione, anche per il compito che deve svolgere la nostra Commissione. Se oggi, drammaticamente, succedesse quanto accadde il 27 giugno 1980 ed un altro aereo questa notte sparisse, fosse dato per disperso (questo fu detto nelle ore successive ai parenti); se qualche giorno dopo arrivasse la telefonata dei NAR; se, come ora sappiamo, l'8 luglio successivo il ministro Formica fosse informato dalla commissione Luzzatti, che intanto era stata istituita presso il Ministero dei trasporti, che probabilmente quella notte c'era un altro aereo che aveva tagliato la rotta e che questo risultava dai tracciati radar, se accadesse che il 18 dicembre successivo lo stesso ministro Formica dicesse alla Camera dei deputati che la prima relazione della commissione Luzzatti aveva concluso che non di cedimento strutturale si era trattato - era ancora una delle ipotesi - ma che probabilmente la causa reale era l'esplosione di una bomba posta all'interno o di un missile; se due anni dopo, la conclusione della commissione Luzzatti (e non quella della magistratura, che in quel momento lasciò fare all'organo amministrativo) fosse definitivamente orientata verso l'esplosione interna o esterna, con esclusione totale dell'ipotesi del cedimento strutturale; se, tralasciando altri rilievi successivi che hanno un contenuto diverso, nei primi due anni voi aveste questo quadro di notizie dagli organi istituzionali, cosa farebbe il Sisde per cercare di superare la poca fiducia che tanti italiani nutrono nei confronti dei soliti Servizi segreti?
Lei, come anche il direttore del Sismi ci ha risposto, potrà dirci che purtroppo quando avvengono fatti del genere, il vostro compito è già finito, perché dovevate essere in grado di prevenirli. Ma, quando avvengono fatti come quelli che ho descritto, quali sono le condizioni ed il momento nei quali voi potete tornare in campo per svolgere qualche altra attività? Poiché non risulta alcuna attività, né nell'immediatezza del fatto né negli anni successivi, se non le ricostruzioni che successivamente Martini, Malpica ed altri hanno fornito, ma che credo di poterle giudicare ricostruzioni personali fatte rispetto alla loro scienza e coscienza dell'episodio ed all'interpretazione che ne hanno dato. Cosa potremmo chiedere di fare noi, oggi, in un caso analogo, al Servizio segreto civile?
STELO. Lei ha iniziato con la constatazione del vuoto o della scarsezza di iniziative. All'inizio dell'audizione ho fornito una lettura con criteri attuali di quanto avvenne, lettura che richiamo ora per inquadrare quel contesto storico caratterizzato da alcune connotazioni.
Presidenza del Presidente PELLEGRINO
(Segue Stelo). In quella ricostruzione ho anche detto che i criteri di ricerca adottati allora possono oggi considerarsi empirici ed approssimativi, ma erano dovuti al fatto che la prima costituzione del Servizio si imperniò su personale di vario genere, con condizionamenti professionali diversi l'uno dall'altro. Tra l'altro, all'epoca - come lei sa - i vertici durarono anche poco, perché furono "decapitati".
BONFIETTI. Sì, entrambi: Grassini e Santovito.
STELO. Anche qualcuno al nostro interno, perché ce ne fu più di uno.
Per quanto riguarda il fatto che l'esame delle carte possa reperirne alcune ancora eventualmente non viste, non capite o non accertate, le debbo dire che lei mi ha fatto sorgere il dubbio, ma posso sempre verificarlo. Le devo dire, però, che le carte sono state esaminate pressoché integralmente, almeno da quanto mi hanno riferito: talvolta ho assistito personalmente, in diretta (nel senso che ho ricevuto il magistrato e non che io lo abbia aiutato, perché lo hanno fatto i miei collaboratori). Vi sono stati Priore, all'inizio Bucarelli, Grassi, della Procura di Bologna e poi Mastelloni. Quindi, vi è stato più di un procedimento penale ed uno è tuttora in corso: vengono ad esaminare, ordinano esibizioni, sequestrano carte e così via. Pertanto, ho un ragionevole dubbio che ad oggi ci possa essere ancora qualche carta sfuggita al monitoraggio (e ne ho fatto fare uno ulteriore, ad esempio, anche in vista di questa audizione); però, proprio perché c'è un ragionevole dubbio, farò un ulteriore sforzo in tal senso.
Per quanto riguarda i Servizi stranieri, qualcosa c'è, tant'è che proprio negli ultimi 26 atti che non erano stati trasmessi all'autorità giudiziaria, forse perché non ritenuti di rilievo (nel dubbio, però, recentemente li ho comunque trasmessi all'autorità giudiziaria e mi sembra anche a voi), vi sono due carte riguardanti contatti rispettivamente con i Servizi svizzeri e tedeschi, mentre ho fatto riserva di altri due atti del Servizio inglese perché dobbiamo chiedere l'autorizzazione al Servizio di provenienza. Abbiamo avuto contatti anche con i Servizi francesi in ordine ad Affatigato. Dico questo per evidenziarle che comunque i contatti ci sono stati.
Per quanto riguarda il presente, ovviamente facendo i debiti scongiuri, soprattutto pensando a quello che lei ha passato (e per cui ha tutta la mia solidarietà), le dico subito che oggi i criteri sono cambiati.
BONFIETTI. Faremo meglio!
STELO. Meglio non lo so, perché si tratta sempre di giudizi che devono esprimere gli altri; però vi sarebbero una diversa sensibilizzazione e soprattutto regole più rigorose, più chiare e più stringenti: come dicevo poc'anzi, la gestione delle fonti accentrata, la posta elettronica e quindi, nuove metodiche che ormai sono entrate anche al nostro interno, anche se qualcuno può dubitarne (facciamo qualche sforzo, ma ci riusciamo!). Indubbiamente, la gestione di un evento come quello di Ustica oggi sarebbe diversa, ma ovviamente parlo per me. Ad oggi, poiché i nostri fini sono relativi all'eversione, al terrorismo e alla criminalità organizzata, potrebbe sorgermi il dubbio e comunque io attiverei senz'altro i miei centri. Si tratta, però, di una costruzione che faccio sulla base dell'attuale situazione. È vero che Battelli ha affermato che quando i fatti sono accaduti sono ormai finiti, cioè che i Servizi agiscono sulle dinamiche più che sui fatti; però è anche vero che un fatto come questo può consentire, anzi sicuramente autorizza l'input di intelligence al livello di analisi del fatto.
Mi sembra che proprio all'inizio di questa audizione ho sottolineato che l'analisi di un fatto comunque avvenuto giustifica le analisi sulle cause; se poi, successivamente, si viene a sapere che, ad esempio, si è trattato di un cedimento strutturale, è ovvio che se ne esce. Oppure si devono individuare gli scenari per «prevenire».
Quindi, oggi, con i nuovi criteri, aggiornati in relazione anche alle sensibilizzazioni che sicuramente sono più avvertite, penso che faremmo questo.
Non so se sono stato esauriente.
BONFIETTI. Sì, abbastanza, anche se forse pensavo potesse dirci qualcosa di più: cioè nel caso di terrorismo, ad esempio di una bomba, quale sarebbe la vostra attività?
STELO. Quello di mettere in moto i centri, le nostre fonti ed, ovviamente, anche i Servizi esteri ai quali chiederemmo: «È accaduto questo fatto, che notizie sentite nell'ambiente?»
BONFIETTI. E come vi comportereste rispetto ad una visione nazionale ed internazionale, rispetto ad una causa esterna, come per esempio battaglie aeree, terrorismo internazionale?
STELO. Qui, però, se ne occupavano tanti! Oggi - lasciamo stare quel periodo - se, ad esempio, so che su una vicenda si occupa il Sismi perché è la sua competenza prevalente (visto che si tratta di un fatto accaduto all'estero), evito di fare quanto è stato spesso rimproverato ai Servizi, cioè fare duplicazioni, forse addirittura all'insaputa l'uno dell'altro; adesso, almeno con l'ammiraglio Battelli, stiamo cercando con buona volontà di evitare quanto meno proprio questo.
In secondo luogo, l'ipotesi astratta che ho formulata va applicata ai fatti concreti, anche perché dobbiamo evitare che la nostra intrusione possa giustificare il fatto che qualcuno dica che invece ci siamo introdotti in ambienti o per finalità che non sono quelli istituzionali. La caduta di un aereo può anche non essere istituzionale, se è un cedimento strutturale, anzi sicuramente non lo è. Pertanto, se vado a controllare la lista dei passeggeri (non voglio richiamare quanto riportato dall'onorevole Fragalà), qualcuno potrebbe venirmi a chiedere cosa sono andato a controllare e cosa mi interessava sapere.
BONFIETTI. Le avevo citato alcuni dati precisi della fine del 1980 e del 1982 per evidenziare il fatto che ormai era certo che non si fosse trattato di cedimento strutturale e quindi voi avreste potuto attivarvi di nuovo.
STELO. Oggi, anche senza attivazioni di altri (non so se era questo quello che voleva sapere), lo farei d'ufficio. Non so se sono stato chiaro. Quindi, oltre ai fatti concreti che lei ha citato, oggi - a posteriori - è diverso. Probabilmente la situazione è cambiata e non sono stato io il primo a farlo, perché il mio predecessore, il prefetto Marino, aveva già iniziato quest'opera; consentitemi di dire che si tratta di una nuova cultura della intelligence. Non credo di aver scoperto niente, perché non è che io sia più bravo degli altri: sia chiaro.
BONFIETTI. Secondo lei, con gli strumenti di cui si disponeva all'epoca e i compiti che allora si davano al Sisde, i Servizi avrebbero dovuto fare anche questo? C'è stata, quindi, una mancanza?
STELO. Le ho detto che ho fatto una ricostruzione, per quanto possibile, del motivo per cui c'è stato un vuoto o il «poco». Tenga presente, fra l'altro, che in quel caso erano necessarie competenze tecniche, come ad esempio la lettura dei radar, che noi non abbiamo e che non credo avessimo neanche all'epoca: non le abbiamo adesso, in linea generale, almeno in questo settore tecnico, e non credo le avessimo allora.
Su quel periodo si possono fare soltanto ipotesi di ricostruzioni e letture, che però non posso suffragare con fatti perché, tra l'altro, di quell'epoca non è rimasto più nessuno in servizio se non personale esecutivo.
BONFIETTI. Non pensavo certamente che si dovesse delegare a voi la comprensione dell'accaduto e, quindi le cause, i radar e cose del genere.
STELO. Sì, ma il lavoro di intelligence non è che risponde...
BONFIETTI. Se fosse stata una bomba, il Sisde - a mio avviso - avrebbe dovuto attivarsi anche allora.
Credo, pertanto, che questo discorso serva innanzi tutto per capire se oggi possiamo stare un po' più tranquilli, ma anche per capire - e la nostra Commissione deve farlo - cosa avrebbero dovuto fare il Sisde e il Sismi dell'epoca; infatti, la nostra Commissione deve dare conto di quello che gli uomini delle istituzioni non hanno fatto e avrebbero dovuto fare.
STELO. Dicevo che il lavoro di intelligence non risponde ad un vademecum, ad un protocollo in cui vi sono le lettere a), b) o c), e comunque scattano automaticamente certi meccanismi, perché il lavoro di intelligence è di analisi, di ricerca informativa e quindi può spaziare dal più al meno: i limiti sono rappresentati dagli ambiti e dai fini istituzionali, che poi giustificano la ricerca e l'analisi, così come l'ordine pubblico, che non risponde sempre a schemi di intervento.
Allora, quando poc'anzi facevo la ricostruzione, dicevo che probabilmente questo fatto, negli input dell'intelligence che il Servizio all'epoca ha impartito, è stato messo nella scala delle priorità dopo le Brigate Rosse, Ordine Nuovo e dopo altre emergenze che in quel momento evidentemente hanno interessato maggiormente il Servizio: può essere opinabile, condivisibile o meno, ma io ho dato una interpretazione che può anche non essere puntuale rispetto al passato, ma che faccio adesso. Pertanto, oggi, anche la mia valutazione potrebbe essere errata dicendo che non ci occupiamo di un fatto perché ci sembra che non sia istituzionale e che quindi è meglio non entrarvi; tra dieci o venti anni potrei essere censurato anche io (spero di no!).
Dico questo per spiegare i limiti dell'attività di intelligence. Ho sentito affermare che lo Stato spende troppo per i Servizi di informazione e di sicurezza, ma i problemi non si risolvono con queste battute, bensì rendendo efficienti i Servizi. Si parla spesso indistintamente di apparati di sicurezza: il SISDe non è un apparato di sicurezza. Occorre non confondere la nostra attività con quella delle Forze dell'ordine. Il nostro fine è certamente la sicurezza dello Stato, ma spetta alle Forze dell'ordine tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, controllare il territorio, svolgere attività di prevenzione e di repressione di reati. Intendo dire che anche la Digos svolge attività di intelligence, si tratta però di un'attività info-investigativa che noi non possiamo svolgere. La nostra non è un'attività di polizia, sebbene in alcuni interventi ciò sia dato per scontato. Anche la nostra attività incontra naturalmente dei limiti, ma alcuni degli esempi ai quali si è fatto riferimento nel corso della seduta mi hanno ricordato prima facie più un'attività di polizia che l'attività specifica di un Servizio segreto. Non si possono identificare sempre gli apparati di sicurezza dello Stato con i Servizi, dei quali si parla troppo spesso in modo generico. Dovremmo essere in grado di acquisire le notizie, non altrimenti acquisibili dalle forze dell'ordine, in base a norme più puntuali. A tale proposito, abbiamo richiesto che nel progetto di riforma dei Servizi siano previste le cosiddette garanzie funzionali per i nostri operatori, che possono essere implicite nella
legge n. 801 del 1977, soprattutto con riferimento ai limiti e ai contorni istituzionali. In una sede di controllo, come può essere la vostra, può essere accertato se un'azione è istituzionale o no. Sussiste comunque una differenza tra segnalazione ed attivazione.
Devo segnalare una rettifica: il rapporto dei Servizi stranieri si riferiva al caso Moro ma non al disastro di Ustica. Alla domanda relativa ai rapporti tenuti con i Servizi segreti francesi ho dato una risposta erronea che correggo. D'altronde l'errore è comprensibile perché nelle domande si passa continuamente dal caso Moro al disastro di Ustica.
MANCA. Signor Prefetto non le porrò domande sul caso Moro, ma prima di formulare quesiti specifici, funzionali al nostro lavoro e alla nostra futura relazione, vorrei svolgere una considerazione che mi è venuta in mente ascoltando l'ultimo passaggio dell'intervento della senatrice Bonfietti, la quale le ha chiesto che cosa farebbe lei se il disastro di Ustica si verificasse oggi, elencandole una serie di azioni.
Al Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica sono state poste, in questa Commissione, domande sulla «cultura» che si respira negli ambienti di quell'Arma e gli stessi quesiti vengono sottoposti a lei oggi in riferimento al SISDe. Per essere più chiaro, noi non possiamo limitarci a sapere dalle autorità istituzionali che cosa avrebbero fatto oggi. Lei deve aiutarci a capire l'ambiente, la qualità degli uomini, i comportamenti tipici di allora. Io ho un alto senso delle istituzioni, delle quali spesso si parla male perché non le si conosce dall'interno. Considerati tutti i fattori attinenti al loro funzionamento e tenuto conto della scarsa attenzione di cui sono oggetto, le istituzioni funzionano meglio di quanto non si creda. Nonostante io sia un uomo delle istituzioni, devo onestamente ammettere che in alte istituzioni dello Stato ci sono state ed esistono ancora, come hanno affermato alcuni parlamentari nel corso dell'audizione del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica (si tratta di una considerazione utile a correggere imprecisioni, per non dire svarioni, giornalistiche) persone che non hanno voglia di lavorare. Ciò accade in tutte le comunità umane; nel caso del SISDe di allora esistevano uomini che, se non vogliamo ricorrere all'espressione "cialtroni" usata dalla stampa...
STELO. Pensavo che volesse dire "lavativi".
MANCA. Non erano attivi, ma piuttosto passivi. Lei ha detto che le priorità riguardavano gli atti di terrorismo. Vorrei osservare che l'ipotesi, subito avanzata, della bomba richiama di per sé un atto terroristico. Come mai allora gli uomini del SISDe furono così passivi o non si mossero affatto? Mi chiedo se lei condivide il ritratto sintetico di persone non attive - non voglio usare un altro aggettivo - oppure può essere più penetrante nella ricostruzione psicologica dell'ambiente di allora. Tutti gli auditi che intervengono in Commissione sono invitati per aiutarci e non per complicarci la vita. Oppure lei pensa che quella inattività era conseguenza della precisa parola d'ordine di non indagare o di deviare le indagini rispetto ad un certo tipo di direttiva impartita dalle istituzioni che contavano in quel settore? Si dice spesso che alcune persone cercarono di distogliere l'opinione pubblica dall'ipotesi di un atto terroristico. Lei, prefetto Stelo, è più sintetico del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica e la sintesi è una grande dote. Ci aiuti dunque a capire questa inattività, che non può dipendere soltanto da ragioni di priorità perché - lo ripeto - l'ipotesi della bomba richiamava il terrorismo.
Le chiedo inoltre, in relazione ai compiti istituzionali del SISDe, quali siano stati a suo parere i rapporti ed i collegamenti con il SISMI. La vicenda di Ustica, oltre all'indubbia gravità per il numero di morti che l'incidente ha provocato, presentava a suo tempo una complessità tale da escludere la sottovalutazione di implicazioni di varia natura. Atteso il particolare momento politico che viveva il nostro paese, sia all'interno sia sul piano delle sue relazioni internazionali - in particolare con la Libia - non le sembra che vi siano elementi sufficientemente rilevanti da richiedere una congiunta ed immediata attività dei due Servizi?
Mi riferisco al silenzio nell'ambito politico, sul cui fronte dobbiamo indagare e questo - come molti hanno sostenuto e come sostengo anche io - dovrebbe costituire il secondo punto della nostra attività.
Come lei ha avuto modo di rilevare, gli inquirenti, i pubblici ministeri romani, in più parti della loro requisitoria sembrano accreditare la tesi secondo cui le autorità politiche, il Presidente del Consiglio, il direttore del Cesis, il Ministero dell'interno, non sarebbero state messe al corrente delle operazioni e delle iniziative poste in essere nei nostri servizi sulla vicenda Ustica. Questo compare nella requisitoria.
Lei ritiene che possa essersi veramente verificato un silenzio tale da impedire qualsiasi informazione verso l'autorità politica? Inoltre, a suo avviso, è credibile che, a fronte di molte tragedie che peraltro tanto giustificato impatto avevano avuto sulla pubblica opinione italiana e internazionale, l'autorità politica, ai vari livelli, non abbia avvertito la necessità o l'opportunità di attivare le fonti di informazione di cui pure disponeva, previste oltretutto per legge sulla base delle vicende che determinarono la riforma dei servizi nel 1977?
Desidero poi rivolgerle un'ulteriore domanda collegata alla precedente. La riforma del 1977, relativa ovviamente ai servizi per l'informazione e la sicurezza - noi parliamo di sicurezza ma è anche la denominazione di tali servizi che ci porta poi a farlo - si è ispirata all'intento di ricondurre complessivamente la gestione dei servizi stessi nell'ambito dell'influenza dell'autorità di Governo. Fu questa la principale ragione che determinò la riforma. La nuova configurazione ordinamentale dei nostri servizi avrebbe dovuto evitare la possibilità che l'autorità politica venisse estraniata o comunque non del tutto informata su vicende molto gravi come quella di Ustica, tenuto conto delle loro possibili e gravi implicazioni di natura interna e internazionale.
Premesso questo, le chiedo se lei ritiene che ciò che è avvenuto possa essere dipeso anche da carenze normative in materia; entro quindi nell'ambito della parte costruttiva dell'attività della nostra Commissione. In altri termini, desidero sapere se, a suo avviso, il quadro normativo esistente, lo stesso che era in vigore nel 1980, possa avere consentito la determinazione delle gravi anomalie enunciate. (Al fine poi di evitare il ripetersi di incomprensioni e dal momento che nella precedente audizione qualcuno non aveva capito, preciso che con l'espressione «quadro normativo» intendo riferirmi a quel complesso di norme di varia natura che comunque disciplinano una specifica materia e, nel caso in esame, l'ordinamento in generale e le competenze dei nostri servizi di sicurezza). È infatti compito della nostra Commissione - come ho già accennato - quello di individuare anche ogni utile indicazione valida per evitare nell'avvenire il ripetersi di situazioni dannose nel nostro paese e per migliorare l'esistente.
In poche parole, la Commissione non dovrà limitarsi a riferire in Parlamento i fatti, le motivazioni e le responsabilità degli organi istituzionali, ma dovrà anche riferire se e quali norme occorre eventualmente riesaminare per evitare in futuro il ripetersi di errori, mancanze o disfunzioni.
In ultimo, le chiedo se le risulta se negli atti dei Servizi sia registrato qualche input da parte del Cesis verso il servizio da lei ora diretto, cioè il Sisde, in merito alla vicenda di Ustica.
STELO. La domanda è molto articolata ma il tema è sempre quello. Sono molte le domande ma il filone è unico.
MANCA. Ho parlato del Sisde, delle norme che regolano l'attività e della correlazione tra i due servizi.
STELO. Nel primo intervento ho cercato di offrire una lettura del vuoto normativo in qualità di tecnico; io sono un tecnico e pertanto posso leggere le carte dal punto di vista professionale e dell'intelligence, non da quello politico.
Mettendomi in questi panni, peraltro difficili dal momento che sono trascorsi venti anni e molte cose sono cambiate, ho già detto che il Sisde è nato in un certo modo, con varie persone che hanno introdotto - secondo me - i propri metodi di ricerca e di informativa, nell'ambito, ad esempio, della stessa archiviazione o del protocollo di cui lei ha chiesto informazioni, con criteri che oggi possono definirsi empirici ma anche approssimati. Si è, infatti, verificato l'apporto di molte carte, di modi di pensare diversi, quello del poliziotto, del carabiniere, del finanziere, dell'appartenente al Sid o ai nuclei antiterrorismo; ognuno, nel momento in cui entra a far parte di un organismo, soprattutto nella fase iniziale di costituzione - e due anni non sono molti per formare un servizio dal niente - porta con sé dei condizionamenti nella trattazione delle carte e propone un patrimonio informativo di un certo tipo. Ad esempio, per quanto riguarda la gestione delle fonti, che allora era in parte decentrata, i capicentro ne rispondevano direttamente senza neanche riferire al centro. Questa, pertanto, era la situazione iniziale e io riferisco sui fatti, mentre sul resto posso solo tentare una ricostruzione che può essere più o meno opinabile.
Anche in materia di protocollazione adesso si registra una maggiore precisione anche se non è possibile escludere l'errore, tant'è che voi stessi avete constatato nella requisitoria la presenza di risposte spesso contraddittorie e diverse; ricordo, ad esempio, i casi di Affatigato e dello stesso Soffiati, per il quale mi sembra siano state fornite tre o quattro risposte, una diversa dall'altra. Secondo lei, se un Servizio intende coprire fornisce risposte diverse ai magistrati? Io avrei dato la stessa risposta, vera o falsa, perché sarebbe stato banale dichiarare un dato diverso dall'altro a due magistrati che si occupavano della stessa vicenda. Ecco perché ho parlato di empirismo e anche di approssimazione, sia nell'acquisizione che nella ricerca informativa.
Per quanto riguarda poi l'input dell'intelligence, Lei ha sostenuto che si era parlato di una bomba, e che bomba significa terrorismo.
MANCA. Certo, ma se sbaglio me lo dica lei.
STELO. Può trattarsi anche di criminalità organizzata. Ma in quel momento le ipotesi erano molte e mi sembra di ricordare che quella del cedimento strutturale fosse non l'ipotesi prevalente, ma comunque quella che...
MANCA. Questo per l'uomo della strada, non per il Servizio. Ma se tutti dicono la stessa cosa, io non devo necessariamente dire lo stesso.
STELO. Mi sembra che il presidente dell'Itavia abbia ricevuto un avviso di garanzia dal magistrato per aver dichiarato il contrario.
MANCA. Questo è un altro discorso. Il servizio ha altri compiti.
STELO. Il fatto che un'analisi possa essere sbagliata riguarda un altro aspetto, ma questa è una constatazione. Ognuno svolge il proprio mestiere in vario modo ma non si può affermare tout court che, dal momento che esisteva questa ipotesi, l'altra fosse solo per quelli della strada. Infatti, molti hanno avallato tale ipotesi; in seguito sono state prospettate anche le altre, ma comunque non lo sappiamo, perché di tutte le ipotesi nessuna è arrivata a conclusione definitiva. Adesso io parlo per quello che ricordo, non dico che mi risulta effettivamente.
Ho detto anche che, prevedibilmente, negli input di intelligence, a questo fatto non è stata data quella valenza che lei dice, perché probabilmente i Servizi erano alle prese con altri scenari: teniamo presente che il Sisde è stato «investito» più che altro dal terrorismo interno. Ci potevano essere elementi quali gli scenari internazionali, gli scenari militari, Sios, Aeronautica, che potevano indurre anche il direttore di allora ad andarci piano.
Le ho detto anche all'inizio che risulta agli atti che la direttiva del direttore di allora, Grassini - e quindi ve la posso inviare -, che poi è stata richiamata nell'audizione successiva di Malpica da un parlamentare, era quella di trattare Ustica ed il Mig libico solo sulla rassegna stampa.
MANCA. Questo può avere una doppia lettura.
STELO. Ma io non ho la palla di vetro e non sono un mago. Sto facendo una possibile ricostruzione con la mente di adesso.
TARADASH. Mi scusi, può ripetere quest'ultima frase?
STELO. Le ripeto tutto il passaggio perché forse lei prima non era presente.
Allora avevamo un consulente americano in materia di terrorismo, Jenkins, della Rand Corporation di Santa Monica in California, il quale ha lavorato qualche anno anche per noi ed era il referente di un altro consulente, Ferracuti (anch'egli ha lavorato per noi). Quest'ultimo, dopo l'affermazione del ministro Formica, il quale aveva detto che trattavasi di missile, chiedeva cosa risultasse a proposito di ciò che aveva detto il Ministro. Fu messo all'approvazione del direttore di allora un appunto contenente la risposta a tale quesito, nel quale si affermava che le ipotesi erano più di una ed erano al vaglio della magistratura, ma che non c'erano riscontri (anche perché c'era il segreto istruttorio) delle risultanze o delle direttrici della magistratura.
Tra l'altro, questo appunto, firmato dal dirigente di divisione Crotti, ora in pensione, faceva riferimento alle direttive che il direttore aveva dato verbalmente al precedente direttore di divisione, il capitano di vascello Valeri, di esaminare la questione relativa ad Ustica e al Mig libico sulla base della rassegna stampa. Questo è un atto ufficiale, che il prefetto Marino ha consegnato al ministro Maroni. E sono certo che quest'ultimo lo ha consegnato a sua volta all'autorità giudiziaria, cioè al giudice Priore, perché questo elenco di atti è citato in una nota della requisitoria. Comunque, nel dubbio, ritrasmetterò di nuovo questo elemento all'autorità giudiziaria, perché non so se effettivamente questo dato è pervenuto, anche se penso di sì, come ho già detto.
PRESIDENTE. Signor prefetto, vogliamo ammettere che siamo uno strano paese? Insomma: cade un aereo; un Ministro viene in Parlamento e dice che forse è stato un missile. In un paese normale probabilmente si pensa che il Ministro ha avuto informazioni dai Servizi. Oggi siamo tutti qui e nessuno di noi riesce a capire sulla base di quali informazioni il Ministro abbia fatto questa affermazione e i Servizi decidono di seguire la vicenda attraverso la rassegna stampa.
TARADASH. Speriamo che non facciano lo stesso con Ocalan!
PRESIDENTE. Dico che siamo, o per lo meno siamo stati - vorrei augurarmelo - un paese singolare.
MANCA. Che cosa ci può dire sulla questione dei rapporti tra Sismi e Sisde?
STELO. A me non risulta che ci siano stati dei rapporti cartolari con il Sismi su qualche vicenda, o per lo meno non sono documentati. Probabilmente, fra direttori si sono sentiti oppure hanno fatto un paio di riunioni, ma questo non risulta dal punto di vista documentale. Francamente non le so dire di più.
MANCA. Ma rapporti politici...
STELO. Non risultano neanche input politici, quindi non le so dire se ci sono stati o meno. Tenete presente che molto spesso le direttive si danno anche verbalmente.
PRESIDENTE. Ma penso che il senatore Manca chiedeva una valutazione di credibilità. È credibile che ad un certo punto un'intera branca dell'amministrazione tenga una serie di comportamenti e di questi non faccia riferimento alla parte politica?
STELO. Personalmente riferisco tutto, potete constatarlo, e altrettanto faceva il mio predecessore.
A me potete chiedere solo notizie tecniche. Vi ho detto che in base agli atti non ho trovato input politici, ma non posso escludere che siano stati dati verbalmente. Non potete chiedermi quello che volete che io dica. Semmai, senatore Manca, queste domande deve porle a chi era allora al Governo, o comunque a qualcuno che ha più anni di me, ma non può pretendere che le dia io le risposte che le devono dare altri.
MANCA. Ma le chiedo un suo parere.
STELO. Ma non posso darglielo! Le posso dire soltanto che non ci sono. Dovrei fare un processo alle intenzioni e dire che se fossi stato non solo direttore vent'anni fa, ma anche Ministro e quant'altro... Lei mi chiede troppo. Non sarebbe onesto né serio da parte mia fare queste considerazioni.
MANCA. Può anche darsi che ciò che le ha chiesto il Presidente all'inizio serva allo scopo. Rivediamo un po' gli archivi.
STELO. Ma io sono ben felice.
MANCA. Anche al collega del Sismi è stato chiesto questo, perché dobbiamo tutti sforzarci. Noi stiamo lavorando da mesi e da anni e quindi chiediamo un po' di collaborazione per approfondire, perché si tratta di un fatto grave.
STELO. Senatore Manca, ho tentato di fare delle ricostruzioni e già in questo ho dato una versione che può essere non dico smentita, ma comunque non condivisa. Più di questo non mi può chiedere, o per lo meno non può pretendere che io le risponda.
MANCA. Per quanto riguarda il Cesis?
STELO. Neanche dal Cesis risulta un input, per lo meno scritto. Invece risultano dei rapporti, fatti anche da noi al Cesis. Potrei fare un elenco ed inviarglielo.
MANCA. Ma su quello che hanno detto i pubblici ministeri, c'è il vuoto, il nulla!
STELO. Mi scusi, ma mi sembra sia la terza volta che, sia pure con altre parole, mi viene chiesto del vuoto e di questo stiamo parlando. Mi sembra che l'ho constatato anch'io e più che constatarlo non posso fare. (Il prefetto Stelo si consulta con un collaboratore). Mi diceva il collega che la prima lettera al Cesis è del 1985, quando Cossiga sollecita Craxi a darsi da fare appunto per approfondire la vicenda di Ustica. Ma mi sembra che periodicamente è successo che un articolo di giornale o la dichiarazione di qualcuno richiamasse l'attenzione sul fenomeno per sollecitare ad accertare la verità. Ma forse lei per input non intendeva questo, e si riferiva più che altro agli input di intelligence, che comunque - lo ribadisco - non ho trovato. Però andrò a verificare.
Per quanto riguarda le carenze normative, se si parla di riforma evidentemente quella legge (che allora mi dicono fosse una buona legge perché si parlava di nuovi Servizi e così via) probabilmente con il tempo ha lasciato un po' a desiderare. Soprattutto non ha chiarito alcuni punti che poi sono stati contestati ai Servizi. Mi riferisco per esempio alle garanzie funzionali degli operatori, ai controlli (l'estensione del controllo del Comitato parlamentare, il potenziamento delle responsabilità politiche del Presidente del Consiglio dei ministri e dello stesso Comitato parlamentare, in modo da definire l'area politica e quella tecnica), allo status del personale, alla tenuta del carteggio, alla sua conservazione e distruzione. Su quest'ultimo campo, per esempio, siamo già abbastanza avanti; sulle garanzie funzionali non c'è assolutamente alcuna norma, mentre sul personale stiamo cercando di trovare nuovi criteri. Se vi interessa, posso dirlo a titolo di notazione, recentemente per quanto riguarda l'assunzione del personale proveniente dalle forze dell'ordine (quelle a chiamata diretta sono bloccate; personalmente non ne ho fatta nessuna e penso neanche Marino) mi sono rivolto ai capi delle varie forze dell'ordine, presentando loro un identikit delle persone che mi occorrevano. Ho cambiato i vertici, all'inizio, perché questi devono essere anche di fiducia, ma il reclutamento in genere lo abbiamo impostato in modo diverso, è una cosa recente.
Evidentemente, la legge che all'inizio poteva sembrare scritta bene ed esauriente, dopo ha mostrato qualche crepa.
Ad esempio per le garanzie funzionali si fa una legge, ma per far fare cosa? L'operatore deve essere garantito funzionalmente, sempre che egli operi nel contesto istituzionale, per essere chiari, e quindi egli deve poter produrre un progetto di intelligence sul quale poi il controllo deve essere rigoroso. In altre parole, deve essere in grado di produrre un progetto di intelligence che individui persone, fonti, soldi; l'autorità politica lo deve approvare, dopo di che, automaticamente, scatteranno anche i controlli. Ma l'operatore è garantito perché deve stare dentro quel contesto. Questo, secondo me, si poteva fare anche senza legge. Tuttavia ci vuole una norma, perché si tratta di garanzie che vanno ad incidere anche sui diritti fondamentali dell'individuo, anche se non sarebbero toccati i diritti inalienabili (la vita, la salute), questo è ovvio. Comunque, delimitare il contesto con progetti di intelligence autorizzati, a maggior ragione, farebbe scattare i controlli per verificare se ci si è allontanati o no dai fini istituzionali.
TARADASH. Questa è materia di Frattini.
STELO. Mi ha solleticato il suo collega. Non ho debordato io, semmai lo ha fatto il suo collega. Il senatore Manca mi ha detto che compito nostro è anche quello di suggerire e io mi sono permesso di fare un po' di lobbying.
TARADASH. L'ammiraglio Battelli durante l'audizione, anche se dovrà tornare, ci ha detto sostanzialmente la stessa cosa che ci ha detto lei ma in modo meno preciso, e cioè che allora anche il Servizio segreto militare non fu incaricato di fare nessuna indagine. Lui ha detto: "Nei documenti che ho letto non ho notato una particolare attivazione del Servizio verso la ricerca della ragione della caduta dell'aereo DC9".
Non so quali fossero allora i diversi compiti dei due Servizi e chi dovesse attivarsi di più. Certo è che nessuno dei due si è attivato: questo è il dato che noi abbiamo.
Allora, in deroga alla giusta raccomandazione del collega Staniscia di non esprimere valutazioni generali, esprimo una convinzione che sto maturando e cioè che comincio a sospettare che l'unica parte dello Stato che è stata fedele ai suoi compiti dopo l'incidente - chiamiamolo così - di Ustica è stata l'Aeronautica militare, che ha fatto quello che un corpo dello Stato doveva fare, ossia tutta una serie di indagini per capire se c'erano o no delle responsabilità sue o di altri corpi armati appartenenti alla NATO nell'ambito della vicenda di Ustica. Credo anche che l'Aeronautica militare abbia sofferto in tutti questi anni e continui a soffrire un depistaggio che è iniziato allora e che continua oggi, per cui all'unico corpo che si è mobilitato probabilmente viene fatto pagare il fatto di essersi attivato. Invece comincio a credere che la richiesta politica, non so di quale matrice, nei confronti dei Servizi segreti fosse proprio quella di non fare assolutamente nulla, di non indagare su nulla e di non scoprire nulla.
Quando lei cita un documento del SISDe in cui è riportata una direttiva addirittura scritta (al SISMI erano più prudenti, evidentemente davano le direttive oralmente) che dice «occupatevene soltanto leggendo le rassegne stampa», è evidente che c'è un indirizzo chiaro: non si vuole aprire una questione delicata.
Il mio convincimento è che la questione delicata fosse quella dei rapporti tra l'Italia e la Libia. Allora noi avevamo due Governi, o almeno due politiche estere nei confronti della Libia. La prima era quella di tradizione andreottiana che continuava ufficialmente sotto diversi profili, tra cui quello commerciale (con la Libia dovevamo avere buoni rapporti); inoltre il SISMI, su mandato politico immagino, forniva i nomi dei dissidenti ai Servizi segreti della Libia in modo tale che potessero essere eliminati prima che scadesse l'ultimatum dell'11 giugno in base al quale dovevano tornare in Libia. Si facevano ammazzare, quindi, gli oppositori di Gheddafi, si mantenevano i contratti commerciali, dalla FIAT a tutte le industrie di Stato che producevano materiale bellico. Al tempo stesso però si apriva una questione politicamente incomprensibile, antagonista alla Libia, con il protettorato che di fatto l'Italia andava ad assumere rispetto allo Stato di Malta, che entrava in diretto conflitto con tutti gli interessi della Libia in questo campo.
Ora, se esplode un aereo in volo o se cade e non si sa perché cade, conoscendo le risorse in termini di messaggi intimidatori da parte di paesi guidati da leader come Gheddafi, era evidente che il sospetto doveva nascere, soprattutto in un clima di quel genere, infuocato. Possibile che dall'aprile 1980 al successivo mese di settembre, in cui anche a livello internazionale si chiuse definitivamente l'operazione maltese (il 2 agosto si firmò il trattato di amicizia), in quei mesi così caldi non ci fosse stato un mandato politico a capire che cosa stava succedendo sopra Ustica e a Bologna? Non è possibile. Non è razionalmente, logicamente e storicamente spiegabile che non sia nato un sospetto in questo senso, o una certezza.
Allora, se né il SISMI né il SISDe sono stati attivati in questa direzione è chiaro che c'era un mandato politico a non attivarli e credo che l'Aeronautica militare, che avrà fatto pasticci, che avrà tentato un depistaggio su una cosa che non sapeva, ma l'ha fatto se non altro per fedeltà ad una sua appartenenza strategica, paghi ancora oggi il fatto di aver tentato di compiere un dovere istituzionale contro interessi politici e magari di altro genere. La magistratura non ha aperto alcun capitolo su finanziamenti illeciti alla Libia, ma che nulla sia stato scoperto non significa che nulla ci fosse, comunque, su fatti politici assolutamente gravi.
Voi non avete le carte, avete miseri appunti, il SISMI lo stesso. Mi auguro comunque che un tentativo di scoprire una parte della verità rispetto a questi eventi possa arrivare da un'inchiesta giudiziaria che tuttavia è anch'essa molto prudente e molto legata, temo, a fatti a noi sconosciuti che non consentono di avvicinarci molto alla verità.
Detto questo, nel chiedere scusa per un tipo di osservazioni che non sono legate direttamente alla possibilità di tradurle in domande, vorrei fare una domanda più specifica su un fatto forse marginale ma che è inerente la vicenda, ossia i rapporti tra il SISDe e Affatigato. Quello che vorrei capire è se Affatigato era uomo effettivamente del SISDe: lavorava, dava informazioni, collaborava? È vero che, come è scritto, successivamente venne ceduto ad altro Servizio alleato, americano. Si può spiegare perché sia stato fatto da un generale fiorentino il nome di Affatigato e non altro?
Ecco, a distanza di tanti anni vista la condanna nei confronti di un ufficiale del SISMI, è possibile tentare di dare una spiegazione sul perché sia stato fatto il nome di Affatigato e non di altri in due occasioni, sia per Ustica che per Bologna e se c'era, quindi, qualche ragione per cui il SISMI volesse mettere il SISDe in qualche difficoltà da questo punto di vista e se effettivamente Affatigato era uomo del SISDe.
PRESIDENTE. Devo dire che le scuse non erano dovute, perché lei ha tracciato uno scenario di insieme interessante.
STELO. E' una ricostruzione politica e quindi ad un politico risponde un politico: una volta così mi disse un politico allorché tentavo di dare una risposta. Comunque non faccio politica né è mia aspirazione.
Come dicevo Affatigato non può essere propriamente definito «uno del SISDe»; Affatigato è uno degli informatori che attraverso un rapporto mediato attraverso Soffiati e in qualche modo anche Spiazzi aveva contatti con il SISDe, quindi dava informazioni che poi in qualche modo pervenivano al SISDe, al centro di Bolzano, se ben ricordo. Tant'è che anche su questo qualche risposta non è stata precisa, probabilmente per quelle cause che io prima citavo. Affatigato si avvicinò parlando di possibili oggetti di attentati ad obiettivi statunitensi ed allora questo elemento fu portato a conoscenza del CESIS, il quale fece convocare subito una riunione dei due direttori più il sottosegretario Mazzola e fu deciso di "girare" in qualche modo Affatigato alla CIA.
TARADASH. In che periodo avvenne, questo?
STELO. Avvenne poco prima di Ustica. Mi ricordo prima, ma non vorrei darle una risposta inesatta: doveva essere nell'aprile 1980.
Poi, a seguito di questo incontro, ce ne fu un altro presso la direzione con un agente della CIA. Dopodiché, poi, vicino all'autostrada di Verona ci fu un altro incontro del Soffiati, di questo Benfari e dell'agente della CIA, dopodiché chi se ne è occupato è stata la CIA. Abbiamo notizia anche di questo incontro, tra l'altro sull'autostrada, un anno dopo, quando questo nostro dipendente del nostro centro di Bolzano, il Benfari, viene interrogato se ben ricordo da Grassi, o comunque da un giudice, al quale riferisce il particolare di questo incontro, tardivamente riferendo poi al servizio. Oggi al 99 per cento questo non succede, per qualunque operazione, incontro, e così via, viene lasciata traccia scritta.
Nel 1984 la CIA ci fa sapere che nel 1980 il primo contatto con Affatigato era stato lasciato cadere perché le notizie non erano di rilievo, non avevano fondamento per loro e secondo loro si trattava di disinformazione. Questo, più o meno, era Affatigato: era un rapporto mediato.
È stato contattato una sola volta.
TARADASH. Il SISDe si è mai domandato perché è stato fatto il nome di un collaboratore del SISDe, di Affatigato.
STELO. Le fornisco una risposta sulla quale forse si metterà a ridere. Oggi si dice spesso "appartenente al SISDe" confondendo spesso informatore, collaboratore, fonte, e così via.
PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito.
STELO. La domanda è cattiva ...
PRESIDENTE.... però è intelligente.
STELO. Non ho detto che le domande cattive non possano essere intelligenti: anzi, sono più intelligenti ancora.
PRESIDENTE. Si trattava di una forma di messaggio che vi veniva lanciato? Era un modo per crearvi problemi? Era un fatto di concorrenza tra servizi? È questo il senso della domanda!
STELO. Tutte le ipotesi sono astrattamente possibili, solo che non ho le prove per smentirlo né per individuare che concorrenze ci possano essere state: tra Servizi possono sempre esservi, anche se non ci dovrebbero essere, ma un tentativo di intossicazione non ho elementi per poterlo confermare.
TARADASH. Vorrei fare una domanda preliminare. Non so quale sia la reputazione del SISDe, però visto che si parla di consulenze tecniche, il SISDe oggi offre frequentemente alla magistratura ordinaria la sua assistenza tecnica nel caso di processi che non abbiano retroscena politici di alcun genere?
STELO. Sempre su Ustica o in generale?
TARADASH. Sto introducendo il caso Moro.
STELO. Sì, fornisce assistenza; non alla magistratura, attenzione, ma alla polizia giudiziaria...
PRESIDENTE. E quindi ai pubblici ministeri.
STELO. In base a recenti direttive, ma non abbiamo rapporti diretti con la magistratura.
PRESIDENTE. Hanno un rapporto con la polizia giudiziaria.
STELO. Noi siamo i cosiddetti «convitati di pietra», visto che diamo macchine e semmai personale per l'assistenza (che si limita a spiegare come si usano le macchine), ma non partecipiamo all'operazione della polizia giudiziaria.
Laddove la polizia giudiziaria abbia bisogno di mezzi complessi ...
PRESIDENTE. Cioè intercettazioni, microfoni ambientali e cosi via ...
STELO... può rivolgersi a noi e adesso noi pretendiamo un'autorizzazione anche a monte del magistrato alla polizia giudiziaria a «chiedere», ma il nostro è un rapporto mediato e non diretto con il magistrato stesso, al quale forniamo solo le attrezzature e quindi l'assistenza tecnica: non c'è nessuna partecipazione né gestione dell'operazione di polizia giudiziaria, perché le macchine sono gestite poi meccanicamente. Io, ad esempio, qui ho bisogno di qualcuno che attivi il mio microfono, ma quando ho imparato a farlo lo mando via: non so se sono stato chiaro. Noi interveniamo solo in questo caso e solo con questi limiti.
TARADASH. Vorrei parlare di questa società FIDREV di cui lei ha esplicitato la natura. Nel momento in cui due società che sono di copertura del SISDe, cioè questa GUS e la GATTEL, chiedono assistenza tecnica ad una terza società come la FIDREV, qual è la natura del rapporto che si viene ad instaurare? Si chiede a qualsiasi società questo tipo di rapporto, oppure la società che è investita della richiesta di assistenza tecnica deve avere un legame simile a quello che ha il SISDe rispetto alla polizia giudiziaria, e cioè un'affinità molto stretta?
STELO. Si trattava di un commercialista che faceva le fatture e forse predisponeva qualche bilancio. Paragonarlo ad un supporto tecnico mi sembra un po' azzardato, mi scusi senatore Taradash.
PRESIDENTE. Forse il senso della domanda voleva essere diverso.
STELO. Allora è più cattiva di quanto non sembrasse.
PRESIDENTE. Ammettiamo che una di queste società di copertura avesse speso, ad esempio, denari per pagare una fonte informativa o comunque per finalità del Servizio ...
STELO. No. Questa gestiva immobili.
PRESIDENTE. Queste società di copertura sono puri momenti di appartenenza ...
STELO. Mi scusi, signor Presidente, ma la consulenza di queste società non trattava fondi "così", ma fondi ordinari.
PRESIDENTE. Ma un commercialista poteva creare, ad esempio, una pezza giustificativa per una spesa che invece aveva avuto una destinazione diversa, o no? Penso che questo sia il senso della domanda.
TARADASH. Voglio sapere se c'era un legame di fiducia nei confronti di queste società.
STELO. Non erano società operative, ma si trattava di mera assistenza commerciale per noi.
TARADASH. Quindi, non c'era nessun altro tipo di rapporti: la FIDREV non era in alcun modo verificata dai Servizi segreti ...
STELO. No!
TARADASH.... ma solo verificata rispetto alla sua capacità di offrire buone consulenze commerciali.
STELO. Esatto: questo risulta agli atti e questo devo ripetere. Non mi risulta il contrario, quindi devo affermare quello che mi risulta. Si trattava di mera consulenza commerciale e amministrativa.
PRESIDENTE. Ed allora - lo chiedo affinché possa capire io - queste società di copertura coprivano soltanto l'appartenenza immobiliare o anche altro tipo di gestione di affari?
STELO. Provvedevano anche a fare i contratti, ad esempio. Si occupavano, cioè, della parte amministrativa. Siccome noi non possiamo esporci col nome di "SISDe" (e questo può essere giusto o no), per gli immobili che abbiamo, ho in corso una definizione (da due anni e sembra che siamo alla fine) tesa a trasferirli tutti al demanio, che li prende in carico ufficialmente e li riattribuisce ...
PRESIDENTE. Non essendo noi il Comitato di controllo sull'attività dei servizi e sulla sicurezza di queste cose non sappiamo molto. Io credo a quello che dice lei, ma la cosa che volevo capire è la seguente. Non poteva succedere, ad esempio, che la GATTEL pagasse un informatore facendo un contratto di consulenza?
STELO. Mi sento di escluderlo.
PRESIDENTE. Allora non c'era bisogno di quel rapporto fiduciario particolare cui accennava l'onorevole Taradash.
STELO. Peraltro, fare il contratto per un immobile è un'attività in qualche modo esterna, mentre l'informatore si paga con i fondi riservati: è un'altra gestione. Se poi qualcuno, sottobanco, lo ha fatto... Dagli atti a me non risulta.
TARADASH. Il Presidente ha esposto la ragione del massimo dubbio attorno a questa vicenda: qualcuno, durante il sequestro Moro, una volta uscito il nome Gradoli nel corso della seduta spiritica, disse al Ministro dell'interno che non esisteva una via Gradoli a
Roma. Sa chi fu questa fonte, la persona che escluse l'esistenza di una via Gradoli?
STELO. Ad occhio, le posso rispondere che si trattava di attività di polizia. È una domanda precisa, sulla quale mi riservo di rispondere, ma la mia prima impressione è che si trattasse di un'attività di polizia.
TARADASH. Era quindi possibile che nessuno sapesse dell'esistenza di questi appartamenti a via Gradoli.
STELO. Non saprei come risponderle.
TARADASH. Lei non sa neppure come venissero utilizzati questi appartamenti di via Gradoli?
PRESIDENTE. Questi immobili appartenenti alle società di copertura che destinazioni avevano?
STELO. Non credo che questo ci risulti: erano altre società; non avevamo collegamenti.
PRESIDENTE ... non mi sono spiegato. C'erano società di copertura del SISDe...
STELO. GUS e GATTEL, che poi sono intervenute dopo...
PRESIDENTE. Queste società erano proprietarie di alcuni immobili...
STELO. Sono immobili nostri, non c'entrano niente con quelli degli altri.
PRESIDENTE. Avevano attività di istituto?
FRAGALA'. Quelli di via Gradoli erano utilizzati da voi?
TARADASH. Quelli della FIDREV non erano utilizzati da voi?
STELO. Noi avevamo sedi nostre intestate alle società GUS e GATTEL.
TARADASH. Non a via Gradoli.
STELO. No. I nostri immobili sono quattro.
TARADASH. Chiedo di passare in seduta segreta.
I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 23,17.
...Omissis...
I lavori proseguono in seduta pubblica dalle ore 23,19.
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori in seduta pubblica.
DE LUCA ATHOS. Abbiamo oggi l'audizione del direttore del Servizio segreto civile, l'organo più importante per la nostra inchiesta sulla vicenda di Ustica, che dovrebbe e potrebbe aiutarci a scoprire, per quel che è possibile, la verità. Questa audizione è stata decisa perché la Commissione ha la volontà di arrivare alla verità e vogliamo ascoltare i direttori dei Servizi per raccogliere da loro tutte le informazioni, ma anche tutti i consigli che organi dello Stato solidali con l'azione del Parlamento, del Presidente della Repubblica, tornato recentemente sul caso Moro e del Governo (ricordo che l'ex vicepresidente del Consiglio Veltroni ha detto che occorre rendere giustizia su Ustica) possono fornire.
Dico questo, signor Presidente, colleghi, perché credo che noi dovremmo (ed io personalmente proporrò sia fatto) rappresentare al Presidente del Consiglio la necessità che tutti facciano questa battaglia assieme, dando un input forte alla ricerca della verità, mettendo a disposizione quanto è possibile in un sistema democratico. Altrimenti, noi rischiamo di essere un avamposto di coraggiosi, temerari parlamentari alla ricerca della verità.
PRESIDENTE. Ha ragione. Lei sta anticipando il mio commento finale e questo è importante perché così non sembrerà una mia posizione personale.
DE LUCA ATHOS. Se ci sarà questa volontà politica, come sono convinto, occorrerà lavorare in grande sinergia nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per individuare quanto è possibile fare, sempre che le condizioni politiche ce lo consentano.
Ho fatto questa premessa affinché il direttore del Sisde fosse consapevole della nostra volontà: noi non vogliamo girare a vuoto, né impegnare il tempo prezioso dei responsabili dei Servizi per scrivere dei libri, ma per capire la storia della Repubblica. Per questo do molta importanza all'audizione odierna e a quanto il dottor Stelo ci ha detto e, mi auguro, ci dirà; anche perché non posso pensare che nei due anni del suo incarico egli non si sia dedicato, di fronte alle continue sollecitazioni di questa Commissione e ad interventi alti come quello del Presidente della Repubblica, allo studio delle carte relative a questi fatti.
Dottor Stelo, lei ci ha detto che gli archivi del Sisde sono aperti. A chi? Se domani vengo al Sisde mi mette a disposizione gli archivi? Ci ha detto che li state riordinando, che state ricatalogando. Quando finirà questo lavoro? Lo dico per sapere quando potremo venire anche noi.
Secondo lei, oggi è possibile distruggere delle carte, far sparire con facilità dei documenti del Sisde da parte di qualcuno all'interno del Servizio? Quali sono le difficoltà per chi oggi vuole fare sparire dei documenti?
Poi, vorrei chiederle se, ricostruendo ed approfondendo i fatti, lei sia riuscito a capire perché Affatigato è stato ceduto ed in cambio di che cosa? Voglio sapere, cioè, qual è stata la contropartita di questa mossa strategica.
Per quanto riguarda Via Gradoli, la cosa riveste un certo interesse, anche perché ci domandavamo se era possibile avere una ricostruzione dei beni immobili e - io aggiungo - anche mobili di cui disponevano i Servizi in quel periodo (mi riferisco al caso Moro) in tutta Italia per capire se, da questo punto di vista, vi sono «altre Via Gradoli». Dobbiamo sottolineare, infatti, che c'è una tesi sulla deviazione e la complicità dei Servizi. Potremmo effettivamente scoprire, approfondendo qualche altro aspetto, che ad esempio a Firenze o a Milano vi sono altre proprietà o che magari i mezzi intestati a società di copertura erano poi quelli usati dai terroristi. Lei pensa che sia possibile ricostruire una informazione di questo tipo, mettendola a disposizione di chi ne ha titolo?
Non le rivolgo altre domande né le chiedo altre interpretazioni, ma le dico che lei sa per quale ragione è stato convocato dalla Commissione; sa quale è lo stato dell'arte delle conoscenze della verità, quella giudiziaria e quella che noi cerchiamo di raggiungere. Le rivolgo una domanda legittima - non le chiedo una opinione personale - alla luce del suo punto di osservazione privilegiato: ritengo, infatti, che lei debba essere privilegiato rispetto a me, ai colleghi e ad altri (altrimenti affideremmo la nostra sicurezza a chi non ha questo punto di osservazione?) perché ha strumenti di conoscenza, uomini, anche se non so quanti, ma credo che comunque saranno alcune migliaia.
STELO. Non sono alcune migliaia!
DE LUCA ATHOS. Allora, forse, saranno un migliaio, non lo so. Comunque ha un gruppo di uomini a disposizione, ha poteri straordinari (di cui non gode nessun'altra istituzione), cioè fondi che si possono gestire in un certo modo e con una certa libertà, ed ha accesso a tutte le informazioni che le servono. Allora, da questo osservatorio privilegiato, le chiedo quale aiuto oggi può fornirci il direttore del Sisde, in uno spirito solidale con questo organo dello Stato: ci può dire che c'è una certa possibilità sulla quale possiamo indagare, che c'è un certo filone o quali risultano essere i punti deboli dal suo osservatorio? Lei può darci questa consulenza, che non è politica ma tecnica, alla luce delle informazioni di cui dispone.
Credo che sulla vicenda di Ustica e sui comportamenti che tutti hanno descritto lei possa fornirci queste informazioni: non dico che le pretendo, ma ritengo che lei dovrebbe dirci qualcosa, magari anche in un'altra occasione.
Avverto personalmente, onorevoli colleghi e signor Presidente, che su questa vicenda siamo in una fase non dico decisiva ma di svolta: o si apre qualche nuova disponibilità, qualche input di questo tipo, oppure le nostre speranze rischiano di affievolirsi rispetto alla verità su tali eventi.
Quindi, in questo nuovo clima che vogliamo creare, vorrei rivolgerle tali domande, alcune delle quali sono specifiche ed un'altra un po' più generale. Apprendo con soddisfazione che rispetto alla riforma dei Servizi lei ha una sua opinione - ce l'ha accennata - sulle responsabilità, sulle competenze e sui controlli. Questo è un bagaglio molto importante, è un suo contributo alla riforma dei Servizi.
STELO. Do prima una risposta sulla prima parte di carattere generale.
Lei mi ha lusingato dicendo che dirigo il Servizio più importante: in realtà, il mio è alla pari del Sismi e del Cesis (anche se effettivamente quelli operativi sono il Sisde e il Sismi). Inoltre, nella vicenda Ustica il Sisde non può essere chiamato in causa più di tanti altri, ma semmai alla pari.
Conoscevo il motivo per cui ero stato convocato dalla Commissione, ma non potevo sapere (perché, nonostante diriga un Servizio, non arrivo al punto tale di leggere nelle teste delle persone) le singole domande che mi sarebbero state sottoposte. Pertanto, non vi deve essere alcun dubbio sulla sincerità di un funzionario dello Stato che si presenta qui per dare, alla pari di un parlamentare, un contributo per la ricerca della verità. Proprio perché vengo dopo vent'anni, cercando di fornire risposte su eventi che comunque non ho vissuto e sui quali ho già dato quello che c'era e anche quello che non c'era, oltre che le mie personali ricostruzioni (che poi se non siano soddisfacenti, me ne dispiace!), non vi può essere alcun dubbio sul fatto che è comune la volontà della ricerca della verità; ho già detto poc'anzi che io stesso mi libererei con molta soddisfazione di questo fatto, perché vi assicuro che stare qui a cercare di dare le risposte più plausibili e convincenti possibili non è un esercizio piacevole al cento per cento!
Quindi, signor Presidente, su questo sono sincero. Ritengo di essere venuto qui con analoga sincerità e con lo stesso intento di ricercare la verità: vorrei che su questo non vi fossero dubbi. È temerario anche chi cerca di dire cose che non sa, che non sono provate e che non rispondono ad una logica quanto meno personale; altrimenti, vi sarebbe una posposizione di parti. Le mie risposte potranno risultare insoddisfacenti - questo rientra nella vita - ma - ripeto - sono animate dallo stesso spirito di ricerca della verità; probabilmente, i punti di partenza possono essere diversi, ma la finalità ultima è identica. Quindi, è questa non solo la volontà politica, ma anche quella tecnica.
Per quanto riguarda gli archivi aperti, certamente sono tali per chi è legittimato ad entrarvi. Io ritengo che sia legittimata anche questa Commissione: non sareste i primi a venire nel mio ufficio per esaminare le carte; prima di voi, infatti, sono venuti il garante per la privacy, il Comitato parlamentare di controllo dei Servizi (che ha visionato il dossier Achille) e i magistrati continuano a farlo tutti i giorni per esaminare le carte. Finora non è stato opposto alcun segreto di Stato, tranne in un caso (di cui hanno dato notizia anche i giornali): quello, arrivato alla Corte costituzionale, di una operazione di intelligence, fatta anni addietro insieme alla polizia di Stato, relativa ad attività non convenzionali svolte avverso un sospetto terrorista. Si tratta di un episodio finito sulla stampa e spetterà alla Corte costituzionale decidere sulla legittimità di quella operazione. In ogni caso il Ministro dell'interno, il Governo ed il Comitato parlamentare di controllo all'unanimità espressero parere favorevole all'opposizione del segreto di Stato. Al di fuori di questo caso non abbiamo mai opposto il segreto.
Per quanto riguarda la tutela della classifica delle carte, gli archivi sono aperti: se il Presidente della Commissione intendesse prendere visione delle carte, può farlo. Non può ovviamente farlo un cittadino qualunque: in questo caso sarebbe necessaria l'intermediazione dell'Autorità garante della privacy. Ma la vostra Commissione ha compiti istituzionali specifici.
PRESIDENTE. Una Commissione parlamentare d'inchiesta ha gli stessi poteri dell'Autorità giudiziaria.
STELO. Ho già detto che gli archivi del SISDe sono aperti.
A proposito del riordino dei documenti attualmente non distruggiamo alcunché. Ho già parlato delle prime proposte che ho avanzato all'inizio del mio mandato. Ci pervengono molte richieste su documenti del passato; da due anni sto cercando di lavorare per il futuro. Onestamente - l'ho detto anche in sede di Comitato parlamentare di controllo sull'attività dei Servizi - non posso lavorare più di ventiquattrore al giorno. Mi sono dedicato alla riorganizzazione e al riordinamento del Servizio e ho dato nuovi input, cercando di contemperare le esigenze legate alla ricerca della verità per fatti passati con quelle legate ad un miglior funzionamento del Servizio nel futuro. Ogni volta che un magistrato ha richiesto delle carte, ho incaricato i collaboratori di svolgere ricerche che possono avvalersi di strumenti prima inesistenti come il titolario e i cartellini di richiamo.
DE LUCA ATHOS. Io le ho chiesto se qualcuno potrebbe attualmente distruggere un documento.
STELO. Ciò è impossibile. Certamente se chiedo ad un mio collaboratore di farmi una fotocopia e lui me ne fa due, non ho la possibilità di controllarlo. Ma in base alle direttive impartite si sa se qualcuno fa una fotocopia.
DE LUCA ATHOS. Se si parla di fotocopie viene in mente la diffusione dei documenti. È possibile, ad esempio, far sparire o bruciare un fascicolo?
STELO. Non è possibile e, in ogni caso, prima o poi la sottrazione risulterebbe da una ricerca. Per tornare all'esempio della fotocopia, posso rispondere alla domanda sulla possibilità che un documento sia diffuso all'esterno con ipotesi astratte. Posso escludere che ciò accada perché mi fido del personale, in quanto si tratta di persone oneste e capaci, oppure posso rispondere affermativamente perché non posso mettere la mano sul fuoco rispetto a mille persone. Ciò che posso fare è blindare la struttura, continuando l'opera del mio predecessore nel campo della protocollazione, delle ricerche incrociate dei fascicoli a causa dell'approssimazione a cui prima ho fatto riferimento. Nel tempo occorrerà pervenire ad una procedura più rigorosa. Abbiamo l'ordine di non distruggere i documenti. Ci pervengono richieste sul passato alle quali è difficile rispondere, come avete già constatato. Mi sono premurato di presentare al Governo la proposta di istituire un apposita commissione, composta anche da persone esterne al SISDe, di elevata capacità ed esperienza professionale, di indubbia moralità e super partes, supportata da tecnici al fine di monitorare le carte del passato. Soffro quotidianamente dell'impossibilità di dar conto di un passato rispetto al quale ci sono lacune o si riscontrano criteri non rigorosi. Sono interessato pertanto a ricominciare da capo la procedura di protocollazione. Con questi buoni propositi avevo già presentato la proposta al ministro Napolitano, che l'accolse con favore. Il Governo l'ha discussa ed emanerà una direttiva articolata proprio su questo aspetto. Già a suo tempo il presidente del consiglio Dini, constatando una certa confusione nella tenuta delle carte, inviò raccomandazioni e direttive su questo punto. Attualmente esiste una commissione, presieduta dal capo di gabinetto che sta scartabellando atti relativi ad alcune categorie come i parlamentari, i partiti, i magistrati, andando a ritroso nel tempo. L'attività della Commissione richiederà dei tempi tecnici perché gli addetti sono pochi. Se incarico tutto il personale a svolgere questo lavoro, non posso fare intelligence. Ho dunque richiesto l'istituzione di una commissione ad hoc che effettui un monitoraggio per decidere quali documenti distruggere e cosa fare con gli altri. L'attività di intelligence richiede continuità: una notizia che oggi non ha alcun valore domani può assumerlo, purché sia in ambito istituzionale. Ripeto che oggi abbiamo l'ordine di non distruggere. Se nell'ambito di una ricerca la mia commissione trova una carta non istituzionale è obbligata a sigillarla. Abbiamo l'obbligo di verbalizzare l'apertura di un fascicolo su richiesta di un magistrato. Ogni domanda deve lasciare una traccia. Il senatore Athos De Luca ha parlato di poteri straordinari ma si tratta di poteri istituzionali previsti dalla legge. Si tratta di poteri ordinari di un Servizio che deve svolgere attività di intelligence. Mentre il potere delle Forze dell'ordine è disciplinato dalla legge. Non abbiamo poteri speciali. Non possiamo svolgere indagini, perquisire o fermare le persone, neanche se le sorprendiamo a commettere un reato. Non possiamo rilasciare neanche nome e cognome nel caso di incidente stradale. Non è vero che la documentazione relativa ai fondi riservati viene distrutta. Esiste una precisa direttiva del governo Ciampi del 1993 relativa all'utilizzazione della documentazione dei fondi riservati. La documentazione può essere distrutta dopo dieci anni: la prossima avverrà nel 2003. Il ministro o il direttore del SISDe deciderà in quella data quali documenti distruggere e quali mantenere. Attualmente ogni anno viene sigillata tutta la documentazione esistente, non si distrugge nulla. Anche sui fondi riservati abbiamo ricevuto disposizioni molto puntuali. Esistono rendiconti motivati che sono inviati all'attenzione del Ministro dell'interno, per quanto riguarda il SISDe, e al Ministro della difesa per quanto riguarda il SISMI.
Per quanto riguarda il quesito concernente allo «scambio» relativo ad Affatigato, non so risponderle.
DE LUCA ATHOS. Si trattava di un Servizio alleato.
PRESIDENTE. Si trattava di un'utilità reciproca. All'epoca esisteva un rapporto tra l'attività di intelligence del Servizio italiano e di quello statunitense.
STELO. Esistevano rapporti e collegamenti con omologhi colleghi che lavoravano nell'attività di intelligence. Noi invochiamo infatti una norma di copertura per le operazioni di intelligence e per l'operazione tipo quella che ho citato rispetto alla quale abbiamo posto il segreto di Stato. Se non siamo in grado di compiere operazioni con il fine del terrorismo, è ovvio che ci tagliamo tutte le fonti e tutti i servizi. Questo mi sembra scontato per tutti, anche per chi non è tecnico.
DE LUCA ATHOS. In ordine a via Gradoli, siete in grado di offrire una mappa degli immobili?
STELO. Del Sisde?
FRAGALA'. Del Viminale.
STELO. Del Viminale no, chiedetelo al Ministero dell'interno. Io non posso fare le veci del Ministro dell'interno o del capo della polizia; a questo non ambisco.
Sono invece in grado di fornire una mappatura degli immobili del Sisde e le dico anche che allora disponevamo di immobili per le sedi dei servizi e di immobili per i centri periferici di cui, ovviamente, non posso dare notizie perché sono coperti da segreto.
Come sede centrale noi disponiamo di quattro immobili, tra l'altro non tutti di proprietà perché alcuni sono in locazione; anzi, mi sembra che nessun immobile sia di proprietà. Quindi non abbiamo neanche proprietà.
Siamo comunque in grado di fornire la situazione dell'epoca relativa agli immobili del Sisde, di proprietà o in affitto, ma non in ordine alle società cui lei si riferisce.
Ho già detto che i nostri immobili sono stati gestiti dalle società GUS e GATTEL, società di copertura istituite apposta per gestire gli immobili e i contratti. Sono quelle e soltanto quelle.
Mi sembra inoltre che qualche notizia in materia sia stata fornita anche all'autorità giudiziaria e al Comitato parlamentare. E recentemente, proprio nelle lettere richiamate dall'onorevole Fragalà, abbiamo riferito l'attuale situazione immobiliare del Sisde che, grosso modo, è uguale a quella precedente. Queste informazioni, se non erro, sono state già fornite alla procura della Repubblica e al Comitato parlamentare di controllo.
DE LUCA ATHOS. L'ultima domanda da me posta faceva riferimento ai suggerimenti che lei dovrebbe fornire alla Commissione.
Ma prima di questo vorrei avere un ulteriore chiarimento. Quando è morto Grassini, vi siete recati presso il suo appartamento?
STELO. Quando è morto?
DE LUCA ATHOS. Non lo so. Forse è ancora in vita? Nel caso fosse morto, vi siete recati presso il suo appartamento per acquisire eventuali documenti che potessero essere utili anche alla preservazione di queste fonti?
STELO. La domanda è legittima ma io non posso rispondere.
PRESIDENTE. Il servizio ufficialmente non potrebbe farlo e solo la magistratura potrebbe acquisire documenti di un privato cittadino.
STELO. Sì, è così.
PRESIDENTE. Quando morì D'Amato si operò il sequestro ma non si trovò nulla.
STELO. Mi pare di aver letto che furono trovati documenti di scarsa rilevanza.
DE LUCA ATHOS. Torno a chiederle se è stata compiuta un'iniziativa di questo genere.
STELO. Lei ha chiesto consigli e suggerimenti; io ho cercato di offrire una ricostruzione ed ho già espresso proposte sui vari temi. Ritengo pertanto che qualcosa sia stato colto dai miei interventi.
Ripeto che posso aprire gli archivi in modo tale che siano esaminati anche insieme ai miei analisti.
PRESIDENTE. Questo mi sembra importante.
STELO. I documenti, quindi, possono essere letti insieme ma non potete richiedere risposte politiche.
Tengo a precisare che noi possiamo fornire risposte e dati da esperti di analisi che svolgono attività di intelligence ma che non danno risposte politiche e che non diranno mai ciò che altri pensano che debbano dire. Tengo a precisare questo per essere leale.
Ritengo che oggi io abbia fornito il massimo dell'aiuto possibile, condivisibile o meno, ma voglio dare di più: vi do il mio servizio, apro gli archivi e vi invito ad esaminarli con i miei analisti e dalle carte e dalle documentazioni potrete poi trarre le vostre conclusioni.
Lei mi chiede di dare dei consigli, ma io più di questo non posso fare.
PRESIDENTE. Vorrei avanzare una specifica richiesta relativa alla trasmissione alla Commissione della direttiva Grassini.
STELO. Se ho ben capito, anche dello studio di Parisi.
PRESIDENTE. Sì, lo studio svolto da Parisi sulle stragi europee che si sono succedute dal 1969 al 1984, che copre tutto il periodo oggetto dell'indagine di questa Commissione.
Signor prefetto, vorrei comunque farmi interprete del pensiero di fondo presente nelle domande poste dal senatore De Luca.
La nostra Commissione è stata istituita per legge; ciò significa che il Parlamento ritiene che cittadini di questo paese, tramite questo organismo, possano ricevere risposte ad una serie di interrogativi che riguardano la storia del nostro paese: una stagione lontana rispetto alla quale non credo che le risposte abbiano poi un grande valore politico, perché si tratta di un mondo che abbiamo alle spalle. Noi possiamo misurarci con questo passato, o per lo meno dovremmo essere in condizione di farlo con la serenità dell'analisi storica, in una prospettiva distanziata.
La Commissione, in fondo, sta compiendo un lavoro di analisi e sta descrivendo degli scenari. Riteniamo che all'interno di tali scenari, che ricostruiamo con l'analisi, possano trovare risposte alcuni interrogativi fondamentali: per quale motivo sono avvenute le stragi in questo paese?
Perché è stata così difficoltosa l'individuazione dei responsabili delle stragi? Perché in questo paese terrorismi di opposto colore hanno causato danni e sparso più sangue di quanto sia avvenuto negli altri paesi dell'Europa occidentale?
Il senatore De Luca si chiede che tipo di collaborazione possiamo aspettarci oggi dall'amministrazione; forse soltanto quella che riscontriamo attualmente. L'abbiamo riscontrato con lei e di questo le siamo grati, ma l'abbiamo riscontrato anche nel corso della scorsa legislatura con il Ministero dell'interno.
Lei dichiara di non voler opporre segreti e sostiene che le carte sono lì, invitandoci ad esaminarle, offrendoci, oltretutto, un aiuto per cercare elementi utili. I nostri consulenti ormai soggiornano con una certa frequenza nelle stanze del Viminale e ammetto che molti spicchi di verità sono già scaturiti e costituiscono tessere che quasi sempre si incastrano abbastanza nel mosaico generale che stiamo descrivendo.
Penso comunque - in questo caso il senatore De Luca ha ragione - che forse noi potremmo aspettarci qualcosa di più, un salto qualitativo di questa collaborazione.
Vorrei che l'obiettivo di ottenere delle risposte fosse sentito non solo come uno scopo esclusivo di questa Commissione; auspico pertanto che i vari rami dell'amministrazione si sentano tutti impegnati nel collaborare attivamente a questa ricerca della verità.
Intendo distinguere il nostro lavoro in due settori. Il primo riguarda l'analisi del periodo storico, fino al 1975, nell'ambito della quale siamo già pervenuti ad una valutazione d'insieme, anche se il lavoro non è stato concluso e molti aspetti particolari sono ancora in discussione all'interno della Commissione, in presenza anche di divergenze valutative. Siamo comunque concordi nel sostenere che lo scenario della strategia della tensione, dal 1969 al 1975, sia alquanto chiarito.
La singolarità consiste nel fatto che, interrogando uomini che hanno avuto responsabilità istituzionali e che oggi non le hanno più, essi si misurano con la ricostruzione di questo scenario.
Ho voluto riprendere dagli archivi il verbale dell'audizione del generale Maletti che abbiamo ascoltato a Johannesburg. Il generale Maletti ha svolto in quegli anni più o meno lo stesso lavoro che oggi svolge lei, anche se ad un livello inferiore e non di vertice all'interno della struttura. Io ho inviato al generale Maletti la mia proposta di relazione e dalle domande che tutti i membri della Commissione gli ponevano lui ha capito lo scenario che noi stavamo faticosamente cercando di costruire.
Gli ho chiesto che cosa pensasse del nostro lavoro. Devo dire che Maletti si è assunto la responsabilità di esprimere una valutazione. Non è che prendiamo per oro colato quello che Maletti ci ha detto, però ne abbiamo assunto il punto di vista. Secondo lui non abbiamo omesso di esaminare niente e il quadro che abbiamo ricostruito nell'insieme gli sembra abbastanza credibile.
Riferendosi alla mia proposta di relazione, egli ha aggiunto che forse l'unico torto è quello di aver dato eccessivamente ascolto ad una certa pubblicistica e a certe valutazioni emesse in sede giudiziaria. Però poi sullo scenario dell'Italia di quegli anni ci ha detto che abbiamo capito come sono andate le cose. Quando per esempio gli chiesi se, secondo lui, è più verosimile che Gladio avesse una struttura a un livello nascosto che non è emerso o che fosse pensata in maniera tale da poter attivare strutture parallele, Maletti ha risposto che sono verosimili tutte e due le ipotesi.
Allora, vorrei chiederle se non potremmo o se non dobbiamo aspettarci questo tipo di collaborazione dall'amministrazione di oggi. Ho dato al vertice del Cesis, che penso la abbia poi trasmessa a voi, la mia proposta di relazione della scorsa legislatura e tutto il lavoro che abbiamo fatto con una serie di quesiti e di questionari su cui abbiamo impegnato i nostri consulenti. Da tutto ciò emerge una scenario, sia pure ricostruito per grandi linee.
Allora vorrei sapere se possiamo oggi sapere dall'amministrazione qual è la sua valutazione, se stiamo imboccando la strada esatta nel tentativo di dare risposta a questi interrogativi democratici, oppure se siamo completamente fuori quadro e non abbiamo capito niente. Poi capisco che sul singolo episodio, soprattutto su quello di Ustica, effettivamente è difficile darci una collaborazione. Questo dobbiamo riconoscerlo: Ustica in sé è un caso che ha una sua singolarità. C'è stato uno scenario di guerra, come Taradash ritiene sempre più improbabile? Avrebbero dovuto saperlo almeno cinquecento persone; è possibile che non sia filtrata una notizia, che non ci sia stata una confidenza? Niente è emerso. Oppure è stato un attentato terroristico, come per esempio Maletti si assunse la responsabilità di dirci. Infatti, egli affermò che probabilmente fu un atto di ritorsione della Libia.
MANCA. Esattamente disse che si era trattato di un atto terroristico di stile gheddafiano.
PRESIDENTE. Si assunse questa responsabilità nella parte finale di quell'audizione. Però anche su quello non abbiamo mai avuto un'informazione, una notizia o una soffiata.
Quindi, capisco che il fatto di Ustica è forse quello più difficile con cui ci stiamo misurando, però chiedo una valutazione sugli scenari complessivi, per esempio sul fatto che non si sapeva chi c'era a Roma in Via Gradoli. Perché l'amministrazione non può assumersi la responsabilità di una valutazione? Qualche vostro analista non potrebbe piegarsi insieme ai nostri consulenti su queste carte per dirci se queste analisi sono fatte bene o se sono sbagliate?
Noi sentiamo la responsabilità verso il paese. Nel momento in cui dovremo concludere, dovremo assumerci la responsabilità e dire come sono andate le cose secondo noi. Noi vogliamo farlo con un ausilio completo. Forse ha ragione il senatore De Luca, cioè che dovremmo stabilire un contatto istituzionale con il Governo affinché da esso parta un input su tutti i rami dell'amministrazione.
Ripeto, questo è uno strano paese. Lei ci dice che i vostri archivi sono aperti e che i giudici vanno e vengono. Ma dov'è l'archivio dei carabinieri? Perché nessuno sa se esiste, dove sta e se ci si può andare? E l'archivio della Guardia di finanza c'è, come è organizzato, come funziona?
Ho l'impressione che ci siano settori ormai visti in modo approfondito, per cui a volte ci fermiamo su di una singola cartuccella però probabilmente vi sono altri pezzi di storia del paese consegnati a raccolte documentali di cui ancora ignoriamo l'esistenza.
Vorrei considerare interlocutoria quest'audizione, di cui la ringrazio, dalla quale sono venute fuori indubbiamente cose importanti. Se potessimo in futuro, attraverso successive audizioni, appunti, offerte di collaborazione, avere un apporto maggiore, penso che il nostro lavoro sarebbe più facile e che faremmo complessivamente un servizio nei confronti del paese. Infatti ciò sarebbe di ausilio anche per la riorganizzazione degli archivi del suo servizio il numero uno, perché avremmo in qualche modo chiuso una partita con il passato. Finché invece tutti questi fatti restano irrisolti, sospesi in un limbo di non completa conoscenza, questo non è possibile. C'è un giallista americano che amo molto, Ross McDonald, dove la storia ritorna sempre: viene ammazzato uno oggi e poi si scopre che l'omicidio trova le proprie origini in un altro omicidio di trent'anni prima.
Pertanto, chiuderei questa audizione con l'invito da parte della nostra Commissione a questo nuovo tipo di apporto collaborativo, essendo pacifico che non sono in gioco responsabilità del Servizio attuale, ma che si tratta di fatti ormai così lontani nel passato con i quali veramente potremmo misurarci con un atteggiamento storico lecitamente sereno.
La ringrazio nuovamente.
La seduta termina alle ore 24.00.